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Shiva Samhita, lo yoga rivelato da Shiva

CAPITOLO I

Tutto ciò che esiste è uno.
1. Solo la conoscenza (Jñâna) è eterna, senza inizio né fine, non esiste altra sostanza reale. Le diversità che noi vediamo nel mondo sono il risultato della percezione sensoriale; allorché quest’ultima cessa, soltanto la conoscenza, e nient’altro, rimane.
2-3. Io, Ishvara, amante dei miei devoti e dispensatore di emancipazione spirituale per tutte le creature, così espongo la scienza dello Yoganusâsana: Essa non ha niente a che fare con tutte quelle dottrine speculative che portano alla falsa conoscenza. Essa è per la liberazione spirituale di quelle persone le cui menti non distratte sono pienamente rivolte verso di Me.
Differenze di opinione.
4-5. Alcuni lodano la verità, altri la purificazione e l’ascetismo; alcuni lodano il perdono, altri l’equità e la sincerità. Alcuni lodano la carità, altri i sacrifici compiuti in onore degli antenati; qualcuno loda le azioni (Karma), altri pensano che il non-attaccamento (Vairâgya) sia la migliore delle cose.
6-7. Alcune sagge persone lodano l’adempimento dei doveri da parte dei capifamiglia; altre autorità pensano che la cosa più grande sia il sacrificio del fuoco, ecc. Alcuni lodano il Mantra-Yoga, altri invece la frequentazione dei luoghi di pellegrinaggio. Così diverse sono le strade che la gente considera importanti per l’emancipazione.
8. Essendo così diversamente legati a questo mondo, anche coloro che distinguono ancora le azioni buone da quelle cattive, per quanto liberi dal peccato, sono soggetti a smarrimento.
9. Le persone che seguono queste dottrine, avendo commesso azioni buone e cattive, vagano costantemente nell’universo, in un ciclo di nascita e morte, legati da una terribile necessità.
10. Altri, che sono i più saggi in mezzo alla moltitudine, premurosamente devoti alla ricerca dell’occulto, dichiarano che le anime sono molte ed eterne e onnipresenti.
11. Altri dicono: – Soltanto ciò che i sensi percepiscono può essere considerato esistente, e nient’altro; dove sono il paradiso e l’inferno? – Tale è la loro sincera fede.
12. Alcuni credono che il mondo sia una corrente di coscienza non un’entità materiale. Alcuni definiscono il vuoto la cosa più grande. Altri credono in due essenze: Prakriti (materia) e Purusha (spirito).
13-14. Così credendo in dottrine molto diverse, con gli sguardi distolti dalla meta suprema, coerentemente con la loro intelligenza e la loro educazione, essi pensano che questo universo sia senza Dio; altri credono che ci sia un Dio, basando le loro asserzioni su vari irrefutabili argomenti fondati sulle scritture, sostenendo la differenza fra l’anima e Dio e ansiosi di stabilire l’esistenza di Dio.
15-16. Questi e molti altri saggi, con varie differenti denominazioni, sono stati proclamati negli Shâstra guide della mente umana verso la delusione. Non è possibile descrivere pienamente le dottrine di queste persone, così amanti della contesa e della discussione; è così che la gente vaga in questo universo, lontana dal sentiero della emancipazione.
Lo Yoga, l’unico metodo giusto.
17. Avendo studiato tutti gli Shâstra ed avendo riflettuto bene su di essi, più e più volte, si è trovato che questo Yoga Shâstra è l’unica dottrina vera e sicura.
18. Dal momento che attraverso lo Yoga tutto ciò è veramente riconosciuto come certezza, tutti gli sforzi dovrebbero essere fatti per acquisirlo. Pertanto che necessità c’è di qualunque altra dottrina?
19. Questo Yoga Shâstra, si dichiara adesso, è una dottrina segretissima che, da un capo all’altro dei tre mondi, deve essere rivelata soltanto ai devoti dalla grande anima.
Karma Kânda.
20. Ci sono due sistemi (come è affermato nei Vedâ), Karma Kânda (ritualismo) e Jñâna Kânda (sapienza). A loro volta essi sono divisi ciascuno in due parti
21. Il Karma Kânda è duplice, poiché consiste di obblighi e di proibizioni.
22. Quando gli atti proibiti sono compiuti producono certamente il peccato; dall’adempimento degli atti obbligatori risulta certamente il merito.
23. Gli obblighi sono triplici: nitya (regolari), naimittîka (occasionali), e kâmya (opzionali). Dal non adempimento di quelli regolari, o riti quotidiani, deriva il peccato; ma attraverso il loro adempimento non è guadagnato nessun merito. D’altro canto, i doveri occasionali e facoltativi, se compiuti o lasciati incompiuti, producono meriti o demeriti.
24. Il frutto delle azioni è duplice: il bene e il male. Il bene è di vari tipi e così anche il male è molteplice.
25. Le buone azioni appartengono realmente al bene e gli atti peccaminosi appartengono realmente al male; la creazione è la conseguenza naturale del karma e nient’altro.
26. Le creature godono molti piaceri nel bene, molte intollerabili pene sono sofferte nel male.
27. Dagli atti peccaminosi deriva la pena, da quelli buoni la felicità. Per il conseguimento della felicità gli uomini compiono costantemente buone azioni.
28. Quando le sofferenze dovute a cattive azioni sono compiute, allora ha certamente luogo una rinascita; quando i frutti delle buone azioni sono esauriti, anche in questo caso, sicuramente, si ha lo stesso risultato.
29. Anche nel bene c’è esperienza di pena, dal vedere i piaceri più elevati degli altri; non c’è assolutamente dubbio sul fatto che l’universo intero sia pieno di dolore.
30. Coloro che hanno classificato il karma lo hanno diviso in due parti: buone e cattive azioni; esse sono i veri legami delle anime incarnate, ciascuna nel suo turno.
31. Coloro che non desiderano godere i frutti delle loro azioni in questo o nel prossimo mondo, dovrebbero rinunciare a tutte le azioni che sono compiute al semplice scopo di goderne i frutti, ed avendo in modo simile eliminato l’attaccamento per gli atti quotidiani e occasionali, dovrebbero dedicarsi alla pratica dello Yoga.
Jñâna Kânda.
32. Il saggio Yogi, avendo realizzato la verità del Karma Kânda (atti rituali), dovrebbe rinunciarvi; ed avendo abbandonato tanto il vizio quanto la virtù, deve impegnarsi nello Jñâna Kânda (sapienza).
33. I principi vedici “Lo Spirito dovrebbe essere visto…”, “L’uomo lo deve percepire…”, ecc., sono i veri salvatori e dispensatori della conoscenza. Devono essere studiati con grande attenzione.
34. Quella Intelligenza, che spinge le funzioni sulla via della virtù o del vizio, sono Io. Tutto questo universo, mobile o immobile, viene da Me; tutte le cose sono conservate da Me; tutte sono assorbite in Me (al momento del pralaya); perché non esiste altro che spirito e Io sono quello Spirito: Non esiste altro.
35. Come molti riflessi del sole si vedono su innumerevoli tazze piene d’acqua, allo stesso modo gli individui, come le tazze, sono innumerevoli, ma lo spirito che dà loro la vita, come il sole, è uno.
36. Come in sogno una sola ed unica anima crea molti oggetti per semplice volontà, ma, al risveglio, tutte le cose svaniscono tranne l’anima stessa. Così è l’universo.
37. Come per illusione una corda sembra un serpente, o la madreperla sembra argento, allo stesso modo tutto questo universo è l’apparenza del Paramâtmâ (lo spirito universale).
38. Come scompare l’illusione del serpente, quando si riconosce la corda; così, dal sorgere della conoscenza di sé, scompare l’universo fondato sulla illusione.
39. Come scompare l’illusione dell’argento, quando si riconosce la madreperla; così, attraverso la conoscenza dello Spirito, il mondo appare sempre una allucinazione.
40. Come un bambù sembra un serpente, all’uomo che ha unto le sue palpebre con un collirio preparato dal grasso di rana, così il mondo appare al Paramâtmâ, a causa del pigmento allucinatorio dell’abitudine e dell’immaginazione.
41. Come attraverso la conoscenza della corda il serpente si rivela una allucinazione; tale si rivela anche il mondo, attraverso la conoscenza spirituale. Come attraverso l’occhio itterico il bianco appare giallo; allo stesso modo, attraverso quella infermità che è l’ignoranza, questo mondo appare allo Spirito, un errore molto difficile da rimuovere.
42. Come il paziente vede correttamente i colori, quando l’itterizia è rimossa; così, quando l’ingannevole ignoranza è distrutta, la vera natura dello spirito è resa manifesta.
43. Come una corda non può mai diventare un serpente, nel passato, nel presente, e nel futuro, così lo Spirito che è oltre i guna (le qualità del mondo manifesto) e che è puro, non diventa l’universo.
44. Alcuni uomini saggi, ben versati nelle scritture, ricevendo la conoscenza dello Spirito, hanno dichiarato che perfino gli Dei come Indra, ecc., sono non eterni, soggetti a nascita e morte, esposti alla distruzione.
45. Questo mondo transitorio nasce dallo Spirito, come la schiuma che sorge sul mare agitato dal vento.
46. L’unità esiste sempre; la diversità non esiste sempre; giunge un tempo in cui essa cessa; duplici, triplici e molteplici distinzioni nascono soltanto attraverso l’illusione.
47. Questo universo, in qualunque modo sia stato nel passato, sia nel presente o sarà nel futuro, sia esso provvisto di forma o privo di essa, è comunque un’apparenza sovrapposta allo Spirito Supremo.
48. L’Avidyâ sorge poiché è imposta dal Signore della suggestione. E’ connaturata di non-realtà, e la sua vera essenza è irreale. Come può questo mondo, con simili fondamenta, essere vero?
Lo Spirito.
49. Tutto questo universo, mobile o immobile, è nato dalla Coscienza. Rinunciando ad ogni altra cosa prendi rifugio in essa.
50. Come lo spazio pervade un vaso sia dentro che fuori; allo stesso modo, dentro ed oltre quest’universo che sempre muta, esiste soltanto lo Spirito Universale.
51. Come lo spazio che pervade i cinque falsi stati della materia non si mescola con essi; allo stesso modo lo Spirito non si mescola con quest’universo che sempre muta.
52. Tutto è pervaso da un solo Spirito: dagli Dei fino a questo universo materiale. C’è un unico Sat-Cit-Ânanda (Esistenza-Coscienza-Beatitudine), che tutto pervade e che non ha secondo.
53. Dal momento che non è illuminato da altro, è luminoso in sé; e grazie a quella luminosità autonoma, la vera natura dello Spirito è la Luce.
54. Dal momento che lo Spirito nella sua natura non è limitato dal tempo o dallo spazio, è infinito, onnipervadente, ed è la totalità egli stesso.
55. Dal momento che lo Spirito non è, come questo mondo, composta dai cinque stati della materia, che sono falsi e soggetti a distruzione, esso è eterno. Non è mai distrutto.
56. Ad eccezione di esso ed oltre ad esso non c’è altra sostanza, pertanto è unico; senza di esso qualsiasi altra cosa è falsa, pertanto esso è la vera esistenza.
57. Dal momento che in questo mondo creato dall’avidyâ (ignoranza), la distruzione del dolore significa il raggiungimento della felicità, e dalla Jñâna (Gnosi), deriva l’immunità da ogni dolore; allora lo Spirito è Beatitudine.
58. Dal momento che attraverso la Gnosi è distrutta l’ignoranza, che è la causa dell’universo; allora lo Spirito è la Gnosi e, di conseguenza, essa è eterna.
59. Dal momento che questo multiforme universo ha le sue origini nel tempo, allora c’è Uno che è veramente il Sé, immutabile nel tempo. Che è unico ed impensabile.
60. Tutte queste sostanze esterne finiranno nel corso del tempo; ma quello Spirito che è indescrivibile con le parole è senza secondo.
61. Né l’etere, l’aria, il fuoco, l’acqua, la terra, né le loro combinazioni, né gli Dei, sono perfetti. Soltanto lo Spirito è tale.
Yoga e Mâyâ.
62. Avendo rinunciato a tutti i falsi desideri e abbandonato tutte le false catene del mondo, lo Yogi vede sicuramente lo Spirito Universale nel proprio spirito, attraverso il Sé.
63. Avendo visto lo Spirito, che produce la felicità, nel suo proprio spirito, con l’aiuto del Sé, egli dimentica questo universo, e gode l’ineffabile beatitudine del Samâdhi (lo stato di trance, o estati spirituale, che è lo scopo della disciplina yogica).
64. Mâyâ (l’illusione) è la matrice dell’universo. Nè da alcun altro principio è stato causato l’universo; quando questa Mâyâ è distrutta, il mondo certamente non esiste più.
65. L’uomo che vede questo mondo come il campo di azione di Mâyâ, per questo motivo non può trovare alcuna felicità nelle ricchezze, nel corpo, ecc., né nei piaceri, indegni e spregevoli.
66. Questo mondo appare con tre aspetti differenti all’uomo: amico, nemico o indifferente; è sempre così nei fati del mondo; e c’è distinzione anche nelle sostanze, poiché esse sono buone, cattive o indifferenti.
67. Quell’unico Spirito, attraverso la differenziazione, diventa realmente un figlio, un padre, ecc. Le sacre scritture hanno dimostrato che l’universo è un capriccio di Mâyâ. Lo Yogi dissolve questo universo fenomenico attraverso Apavâda (rifiuto di una visione errata) e realizzando che esso è il risultato di Adhyâropa (sovrapposizione).
Definizione di Parama Hansa.
68. Quando una persona è libera dagli infiniti stati e distinzioni dell’esistenza, come la casta, l’individualità, ecc., allora può affermare di essere una intelligenza indivisibile e una pura Unità.
Emanazione o Evoluzione.
69. Il Signore ha voluto creare le sue creature; dalla sua volontà è scaturita l’avidyâ (ignoranza), la madre di questo falso universo.
70. Qui ha luogo la congiunzione tra il puro Brahma e l’Avidya, da cui sorge Brahmâ, dal quale deriva l’Akâsha (etere).
71. Dall’etere emana l’aria, dall’aria viene il fuoco; dal fuoco l’acqua; e dall’acqua viene la terra. Questo è l’ordine della emanazione sottile.
72. Dall’etere l’aria; dall’etere e dall’aria combinati deriva il fuoco; dalla tripla combinazione di etere, aria e fuoco deriva l’acqua; e dalla combinazione di etere, aria, fuoco ed acqua è stata prodotta la terra.
73. La qualità dell’etere è il suono; dell’aria è il movimento e il tatto; la forma è la qualità del fuoco e il sapore dell’acqua; e l’odore è la qualità della terra. Ciò non ha contraddizione.
74. L’etere ha una qualità, l’aria due, il fuoco tre, l’acqua quattro, e la terra cinque qualità, cioè il suono, il tatto, il sapore, la forma e l’odore. Questo è stato dichiarato dai saggi.
75-76. La forma è percepita attraverso gli occhi, l’odore attraverso il naso, il sapore attraverso la lingua, il tatto attraverso la pelle e il suono attraverso le orecchie. Sono proprio questi gli organi della percezione.
77. Dalla Coscienza deriva tutto questo universo, mobile e immobile; sia che la sua esistenza possa essere provata o meno, l’Uno-Autocosciente esiste.
Assorbimento o involuzione.
78. La terra diventa sottile e si dissolve nell’acqua; l’acqua è risolta nel fuoco; in modo simile il fuoco diventa aria; l’aria è assorbita nell’etere, e l’etere si dissolve nell’Avidyâ, che è assorbita nel grande Brahma.
79. Ci sono due forze: Vikshepa (l’energia di espansione) e Âvarana (l’energia di trasformazione) che hanno un grande potere e la cui forma è la felicità. La grande Mâyâ, quando è materiale e non intelligente, ha tre attributi: Sattva, Rajas, Tamas.
80. La forma non-intelligente di Mâyâ coperta dalla forza Âvarana (mascheramento), si manifesta come l’universo, in seguito alla natura della forza Vikshepa.
81. Quando l’Avidyâ ha un eccesso di Tamas, allora si manifesta come Durga; l’intelligenza che presiede su essa è chiamata Ishvara. Quando l’Avidyâ ha un eccesso di Sattva, si manifesta come la meravigliosa Lakshmi; l’intelligenza che la presiede è chiamata Vishnu.
82. Quando l’Avidyâ ha un eccesso di Rajas, si manifesta come la saggia Saraswati; l’intelligenza che presiede su di essa è conosciuta come Brahmâ.
83. Dei come Shiva, Brahmâ, Vishnu, ecc. ,sono tutti aspetti del grande Spirito; i corpi e tutti gli oggetti materiali sono i vari prodotti dell’Avidyâ.
84. Il saggio ha spiegato così la creazione del mondo, i Tattva (elementi) e i non-Tattva (non-elementi) sono prodotti così e non altrimenti.
85. Tutte le cose sono viste come finite (dotate di qualità, ecc.), e sorgono molte distinzioni semplicemente attraverso le parole e i nomi; in realtà non c’è alcuna vera differenza.
86. Pertanto le cose non esistono; esiste soltanto il grande e glorioso Uno che le manifesta; sebbene le cose siano false ed irreali, eppure come riflesso della realtà esse, per il momento, appaiono reali.
87. Solo l’Entità Unica, beata, completa ed onnipervadente esiste, e nient’altro; colui che realizza costantemente questa conoscenza è liberato dalla morte e dalla pena della “ruota del mondo”.
88. Allorché, avendo realizzato che tutto è una percezione illusoria (âropa) e rifiutando le altre dottrine (apavâda), questo universo è risolto nell’Uno, allora esiste soltanto quell’uno e nient’altro; e questo è chiaramente percepito dalla mente.
Il Karma riveste il Jiva con un corpo.
89. Dall’Annamaya Kosha (corpo fisico) del padre, in funzione del suo Karma passato, l’anima umana è reincarnata; pertanto il saggio considera questo corpo meraviglioso come una punizione, per espiare gli effetti del Karma passato.
90. Questo tempio della sofferenza e del godimento, fatto di carne, ossa, nervi, midollo, sangue, attraversato da vasi, ecc., è solo per sopportare afflizioni.
91. Questo corpo, dimora di Brahma, composto dai cinque elementi e conosciuto come Brahmânda (l’uovo di Brahmâ o microcosmo) è stato fatto per il godimento del piacere e per sopportare le pene.
92. Dall’auto congiungimento dello Spirito che è Shiva e della Materia che è Shakti e, attraverso le loro reciproche interazioni, tutte le creature sono nate.
93. Dalla quintuplice combinazione di tutti gli elementi sottili, in questo universo, sono prodotti innumerevoli oggetti grossolani. La Coscienza che è confinata in essi, attraverso il Karma, è chiamata Jiva. Tutto questo mondo è derivato dai cinque elementi. Il Jiva è colui che gode i frutti delle azioni.
94. In conformità con gli effetti del Karma passato dei diversi Jiva, Io regolo tutti i loro destini. Jiva è immateriale, ed è in tutte le cose; ma entra nel corpo materiale per godere i frutti del Karma.
95. Legati nelle catene della materia dal loro Karma, i Jiva ricevono diversi nomi. In questo mondo essi ritornano più e più volte per sottostare alle conseguenze del loro Karma.
96. Quando i frutti del Karma sono stati goduti, il Jiva è assorbito nel Parambrahma.

CAPITOLO II

Il microcosmo.
1. In questo corpo, il monte Meru, cioè la colonna vertebrale, è circondato da sette isole; ci sono fiumi, mari, montagne, campi; ed anche i signori dei campi.
2. Ci sono in esso veggenti e saggi; così come tutte le stelle ed i pianeti. Ci sono pellegrinaggi sacri e santuari; e coloro che presiedono i santuari.
3. Anche il sole e la luna, agenti di creazione e distruzione, si muovono in esso. Ci sono anche l’etere, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra.
I centri nervosi.
4. Tutti gli esseri che esistono nei tre mondi possono essere trovati anche nel corpo; intorno al Meru essi sono occupati nelle loro rispettive funzioni.
5. (Ma l’uomo ordinario non lo sa). Colui che conosce tutto ciò è uno Yogi; non c’è dubbio su questo.
6. In questo corpo, che è chiamato Brahmânda, c’è la luna dai raggi di nettare, al suo posto in cima alla colonna spinale, con otto Kalâs (a forma di semicerchio).
7. Essa ha la sua faccia rivolta in giù e sgocciola nettare giorno e notte. L’ambrosia successivamente si suddivide in due sottili parti.
8. Una di quelle, attraverso il canale chiamato Idâ, va nel corpo per nutrirlo, come le acque del celeste Gange. Certamente questa ambrosia nutre l’intero corpo attraverso il canale Idâ.
9. Questo raggio-di-latte (luna) è dalla parte sinistra. L’altro raggio, brillante come il più puro latte e fontana di grande gioia, entra attraverso il passaggio centrale (chiamato Sushumnâ) nella colonna spinale, in modo da creare questa luna.
10. In cima al Meru c’è il sole che ha dodici Kalâs. Dalla parte destra il canale Pingalâ, il Signore delle creature, porta il fluido verso l’alto attraverso i suoi raggi.
11. Esso certamente assorbe le secrezioni vitali, e il nettare trasudato dai raggi. Insieme con l’atmosfera il sole si muove attraverso tutto il corpo.
12. Il canale destro, che ha nome Pingalâ, è un’altra forma del sole, ed è il dispensatore del Nirvâna. Il Signore della creazione e della distruzione (il sole) si muove in questo canale attraverso gli auspicali segni dello zodiaco.
I nervi.
13. Nel corpo dell’uomo ci sono 35.000 Nâdi; di esse le più importanti sono quattordici.
14-15. Sushumnâ, Idâ, Pingalâ, Gândhâri, Hastijihvikâ, Kuhu, Saraswati, Pusâ, Sankhini,, Payaswani, Vâruni, Alumbusâ, Vishwodari e Yashaswani. Fra queste Idâ, Pingalâ e Sushumnâ sono le principali.
16. Fra queste tre, solo Sushumnâ è la più eccelsa e amatissima dagli Yogi. Nel corpo le altre Nâdi sono subordinate ad essa.
17. Tutte queste principali Nâdi hanno le loro bocche in basso, e sono come fili sottili di loto. Tutte e tre sono sostenute dalla colonna vertebrale e rappresentano il sole, la luna e il fuoco.
18. La più interna di queste tre è Chitrâ, che è la mia amata. In essa si trova la più sottile delle aperture, chiamata Brahmarandra.
19. Brillante di cinque colori, pura, mobile in mezzo a Sushumnâ, questa Chitrâ è la parte vitale del corpo e il centro di Sushumnâ.
20. Questa è stata chiamata negli Shastra la Via del Cielo; essa è la dispensatrice della gioia dell’immortalità; contemplandola il grande Yogi distrugge tutti i peccati.
La regione pelvica.
21. Due dita al di sopra del retto e due dita al di sotto dell’organo genitale c’è il loto Âdharâ, che ha una dimensione di quattro dita.
22. Nel pericarpo del loto Âdharâ c’è la bellissima triangolare Yoni, nascosta e tenuta segreta in tutti i Tantra.
23. In essa è situata la suprema e divina Kundalini, come una forza elettrica avvolta a spirale. Essa ha tre spire e mezzo (come un serpente) ed è nella bocca di Sushumnâ.
24. Essa rappresenta la forza creativa del mondo, ed è sempre impegnata nella creazione. E’ la dea del linguaggio, la cui parola non si può manifestare e che è lodata da tutti gli Dei.
25. La Nâdi chiamata Idâ è dalla parte sinistra, si avvolge intorno a Sushumnâ raggiunge la narice sinistra.
26. La Nâdi chiamata Pingalâ è dalla parte destra, si avvolge intorno a Sushumnâ, raggiunge la narice destra.
27. La Nâdi che è tra Idâ e Pingalâ è certamente Sushumnâ. Essa ha sei parti, sei forze, sei fiori di loto, conosciuti dagli Yogi.
28. Le prime cinque parti di Sushumnâ sono conosciute sotto diversi nomi; essendo necessario sono stati resi noti in questo libro.
29. Le altre Nâdi che sorgono dal Mulâdhâr vanno alle diverse parti del corpo, per esempio la lingua, l’organo genitale, gli occhi, i piedi, le dita dei piedi, le orecchie, l’addome, l’ascella, le dita delle mani e l’ano. Essendosi originate nel loro punto corretto, esse terminano nelle rispettive destinazioni, come descritto sopra.
30. Da tutte queste quattordici Nâdi, sorgono gradualmente altre divisioni e suddivisioni, cosicché alla fine esse diventano trecentomila e mezzo , e riforniscono le loro rispettive aree.
31. Queste Nâdi sono sparse attraverso il corpo in senso trasversale e longitudinale; esse sono i veicoli delle sensazioni e controllano per esempio i movimento dell’aria, esse regolano anche le funzioni motorie.
La regione addominale.
32. Nell’addome brucia il fuoco (digestore del cibo) situato il mezzo alla sfera del sole che ha dodici Kalâs. Sappi che questo è chiamato il fuoco di Vaiswanâra; è nato da una parte della mia stessa energia, e digerisce i diversi cibi delle diverse creature, essendo all’interno dei loro corpi.
33. Questo fuoco incrementa la vita è dà forza e nutrimento, rende il corpo pieno di energia, distrugge tutti i disturbi e dà salute.
34. Il saggio Yogi, avendo destato questo fuoco di Vaiswanâra mediante i riti appropriati, dovrebbe sacrificare in esso il cibo ogni giorno, conformemente agli insegnamenti del suo maestro spirituale.
35. Questo corpo chiamato Brahmânda ha molte parti; ma io ho enumerato le più importanti di esse in questo libro. Sicuramente esse dovrebbero essere conosciute.
36. Vari sono i loro nomi, e innumerevoli sono i luoghi in questo corpo umano; non tutti possono essere enumerati qui.
Il Jivâtmâ.
37. Nel corpo così descritto dimora il Jivâ, onnipervadente, ornato con la ghirlanda dei desideri senza fine e incatenato al corpo dal Karma.
38. Il Jivâ in possesso di molte qualità, e autore di tutte le azioni, coglie il frutto dei suoi diversi Karma, accumulati nelle vite passate.
39. Qualunque cosa si osservi fra gli uomini (sia piacere o pena) è originata dal Karma. Tutte le creature godono o soffrono, in accordo ai risultati delle loro azioni.
40. I desideri, ecc., che producono piacere o pena, agiscono in accordo al Karma passato del Jivâ.
41. Il Jivâ che ha accumulato un eccesso di azioni buone e virtuose riceve una vita felice; e nel mondo ottiene cose piacevoli e buone da godere, senza nessun disturbo.
42. In conseguenza della legge del suo Karma l’uomo soffre la miseria o gode il piacere. Il Jivâ che ha accumulato un eccesso di male non sta mai in pace, non è mai separato dal suo Karma; al di fuori del Karma non esiste niente in questo mondo. Dall’intelligenza velata da Mâyâ, tutte le cose si sono evolute.
43. Come nelle stagioni adatte diverse creature sono generate per fruire le conseguenze del loro Karma, come per errore una conchiglia è confusa per argento, così attraverso la macchia del proprio Karma un uomo confonde Brahman con l’universo materiale.
44. Dal desiderio nascono tutte queste illusioni; esse possono essere sradicate con grande difficoltà; quando sorge la consapevolezza salvatrice della irrealtà del mondo, allora i desideri sono distrutti.
45. Dalla concentrazione sul mondo manifesto (oggetto) si origina l’illusione su ciò che è il testimone (soggetto). Non c’è nessuna altra causa di questa illusione. Veramente Io ti svelo ciò che è reale.
46. L’illusione del manifesto (mondo oggettivo) è distrutta quando l’Autore del manifesto diventa manifesto. Questa illusione non può cessare finché uno pensa “Brahm non c’è”.
47. Scrutando da vicino e profondamente nella materia, questa falsa conoscenza svanisce. Non può essere rimossa in altro modo.
48. Finché non sorge la conoscenza del puro Autore dell’universo, tutte le cose appaiono molteplici e separate.
49. Quando questo corpo, ottenuto attraverso il Karma, è stato trasformato nello strumento per il raggiungimento del Nirvâna, soltanto allora portare il carico del corpo diventa proficuo, non in altro modo.
50. Di qualunque natura sia il desiderio originale (vâsanâ), che si lega al Jiva e lo accompagna (attraverso varie incarnazioni); simile è l’illusione che egli soffre, in accordo coi suoi atti e misfatti.
51. Se il praticante di Yoga desidera attraversare l’oceano del mondo, egli deve compiere tutti i doveri del suo âshram, rinunciando a tutti i frutti del suo lavoro.
52. Le persone attaccate ad obiettivi sensuali e desiderose di piaceri si allontanano dalla strada del Nirvâna, attraverso l’illusione del molto parlare, e cadono in azioni peccaminose.
53. Quando una persona non vede nient’altro qui, avendo visto il Sé tramite il sé; allora non ha alcuna pena se rinuncia a tutti gli atti rituali. Questa e la mia opinione.
54. Tutti i desideri, e il resto, sono dissolti solamente attraverso la Gnosi, e in nessun altro modo. Quando tutti i Tattva cessano di esistere, allora il Mio Tattva diventa manifesto.

CAPITOLO III

Sulla pratica Yoga. Il Vâyu.
1. Nel cuore c’è un brillante fiore di loto con dodici petali, adornato con brillanti lettere. Ha le lettere da K a TH, le dodici bellissime lettere.
2. Là vive il Prâna, ornato con vari desideri, accompagnato dai suoi passati lavori, che non ha inizio ed è unito al principio dell’ego (ahamkâra).
3. Dalle differenti modificazioni del Prâna esso riceve diversi nomi; i quali non possono essere tutti specificati qui.
4-5. Prâna, Apâna, Samâna, Udâna, Vyâna, Nâga, Kurma, Krikara, Devadatta e Dhanamjaya. Questi sono i principali nomi descritti da me in questo Shastra; essi rappresentano tutte le funzioni stimolate dalle loro proprie azioni.
6. Di queste dieci, le prime cinque sono le più importanti e, perfino fra queste, Prâna e Apâna sono gli agenti più alti, secondo la mia opinione.
7. Il sedile di Prâna è il cuore; di Apâna è l’ano; di Samâna è la regione intorno all’ombelico; di Udâna è la gola; mentre Vyâna si sposta lungo tutto il corpo.
8. I cinque restanti Vâyu, il Nâga, ecc., rappresentano le seguenti funzioni del corpo: ruttare, aprire gli occhi, la fame e la sete, aprire la bocca o sbadigliare, e infine il singhiozzo.
9. Colui che in questo mondo conosce il microcosmo del corpo, essendo purificato da ogni peccato, raggiunge lo stato più elevato.
Il Guru.
10. Adesso Io ti dirò in che modo ottenere facilmente il successo nello Yoga, conoscendo ciò che gli Yogi non sbagliano mai.
11. Soltanto la conoscenza impartita da un Guru, attraverso le sue labbra, è potente ed utile; altrimenti essa diventa senza frutto, debole, e molto penosa.
12. Colui che è devoto a qualunque conoscenza, mentre riverisce con ogni attenzione il suo Guru, ottiene prontamente i frutti di quella conoscenza.
13. Non v’è il minimo dubbio che il Guru è padre, il Guru è madre, e il Guru è anche Dio; come tale egli deve essere servito da tutti col loro pensiero, con le parole e le azioni.
14. Attraverso il favore del Guru ciascuno può ottenere ogni bene. E così il Guru dovrebbe essere servito quotidianamente; poiché non ci può essere nient’altro di buon augurio.
15. Salutiamo il nostro Guru dopo avere compiuto tre giri intorno a lui e toccando con la mano destra i suoi piedi di loto.
Adhikâri.
16. La persona che esercita il controllo su di sé ottiene sicuramente il successo attraverso la fede; nessun altro lo può. Pertanto, con fede, lo Yoga deve essere praticato con cura e perseveranza.
17. Quelli che sono dediti ai piaceri sensuali o frequentano cattive compagnie, che sono miscredenti, che mancano di rispetto al loro Guru, che si recano ad assemblee promiscue, che sono dediti a false e vane controversie, che sono crudeli nel loro parlare e che non danno soddisfazione al loro Guru, non otterranno mai il successo.
18. La prima condizione per il successo è credere fermamente che la conoscenza (Vidyâ) giungerà e sarà fruttifera; la seconda condizione è avere fede in essa; la terza è il rispetto per il Guru; la quarta è lo spirito di uguaglianza universale; la quinta è il ritiro degli organi di senso; la sesta è il mangiare moderato. Questo è tutto, non c’è una settima condizione.
19. Avendo ricevuto istruzioni nello Yoga, e avendo ottenuto un Guru che conosce lo Yoga, che il discepolo pratichi con serietà e fede, secondo i metodi insegnati dal maestro.
Il luogo.
20. Che lo Yogi vada il un luogo di ritiro, bello e piacevole o in una stanzetta, assuma la posizione del loto e, seduto sopra uno strato di erba kusha, cominci a praticare la regolazione del respiro.
21. Il saggio principiante dovrebbe tenere il suo corpo fermo ed inflessibile, le sue mani giunte come in atto di supplica, e salutare il Guru sul lato sinistro. Egli dovrebbe riservare un saluto anche a Ganesh (la divinità dalla testa di elefante) sul lato destro, e ancora alle Dee e alla guardiana dei mondi Ambikâ, che sono sul lato sinistro.
Il Prânâyâma.
22. Quindi, che il saggio praticante chiuda col suo pollice destro Pingâla (la narice destra), inspiri attraverso Idâ (la narice sinistra) e, interrompendo il respiro, trattenga l’aria a lungo quanto può; dopodiché espiri lentamente, e non forzatamente, attraverso la narice destra.
23. Ancora, che egli guidi l’inspirazione attraverso la narice destra, e fermi il respiro quanto la sua forza gli consente; quindi espella l’aria attraverso la narice sinistra, non forzatamente, ma lentamente e con gentilezza.
24. Secondo il metodo Yoga ora descritto, che egli pratichi venti Kumbhaka (arresti del respiro). Egli dovrebbe praticare questo quotidianamente senza negligenza né indolenza e libero da tutti gli opposti (amore e odio, dubbio e soddisfazione, ecc.).
25. Questi Kumbhaka devono essere praticati quattro volte. Primo: al mattino presto, all’alba. Secondo: a mezzogiorno. Terzo: al tramonto. Quarto: a mezzanotte.
26. Quando questo sarà stato praticato quotidianamente, per tre mesi, con regolarità, le Nâdi del corpo saranno prontamente e sicuramente purificate.
27. Allorché in questo modo le Nâdi dello Yogi, percettore di verità, sono purificate, e i suoi difetti essendo tutti distrutti, egli entra nel primo stadio della pratica dello Yoga chiamato Ârambhâ.
28. Alcuni segni sono percepiti nel corpo dello Yogi le cui Nâdi sono state purificate. Io descriverò, in breve, tutti questi segni.
29. Il corpo della persona che pratica la regolazione del respiro diventa armoniosamente sviluppato, emette un profumo dolce, e appare bello e amabile. In tutti i tipi di Yoga, ci sono quattro stadi del Prânâyâma: Ârâmbhâ-avasthâ (la condizione di inizio); Ghata-avasthâ (lo stato di cooperazione dell’io e del Sé superiore); Parichaya-avasthâ (la conoscenza); Nishpatti-avasthâ (la consumazione finale).
30. Noi abbiamo già descritto l’inizio del Prânâyâma; il resto sarà descritto qui di seguito. Questo distrugge tutti i peccati e il dolore.
31. Le seguenti qualità sicuramente si trovano sempre nel corpo di tutti gli Yogi: forza, appetito, buona digestione, buon umore, aspetto gradevole, grande coraggio, potenza, entusiasmo ed energia.
32. Adesso Io ti dirò i grandi ostacoli allo Yoga che devono essere evitati, dal momento che attraverso la loro rimozione lo Yogi attraversa facilmente questo mare di dolori mondani.
Le cose a cui bisogna rinunciare.
33. Lo Yogi dovrebbe rinunciare alle seguenti cose: 1) acidi, 2) astringenti, 3) sostanze piccanti, 4) sale, 5) mostarda, 6) cose amare, 7) camminare molto, 8) fare il bagno presto (prima dell’alba), 9) cose arrostite nell’olio, 10) furto, 11) uccisione di animali, 12) inimicizia nei confronti di qualunque persona, 13) orgoglio, 14) doppiezza, 15) disonestà, 16) digiuno, 17) menzogna, 18) altri pensieri oltre a quelli che riguardano la liberazione, 19) crudeltà verso gli animali, 20) rapporti con l’altro sesso, 21) culto del fuoco (o maneggiarlo o sedersi vicino ad esso ), 22) parlare molto, senza riguardo alla piacevolezza del discorso, 23) mangiare molto.
I mezzi.
34. Adesso Io ti dirò dei mezzi attraverso i quali il successo nello Yoga è presto ottenuto; ciò deve essere tenuto segreto dal praticante, così che il successo possa arrivare con certezza.
35. Il grande Yogi dovrebbe sempre rispettare le seguenti osservanze: 1) usare il burro chiarificato, 2) il latte, 3) i cibi dolci, 4) la noce di betel, evitando il frutto di limetta (citrus aurantifolia), 5) la canfora, 6) parole dolci, 7) piacevoli monasteri o stanzette riservate che hanno una piccola porta, 8) ascoltare discorsi sulla verità, 9) compiere i doveri di capofamiglia senza attaccamento, 10) cantare il nome di Vishnu, 11) ascoltare musiche dolci, 12) avere pazienza, 13) costanza, 14) perdono, 15) austerità, 16) purificazione, 17) modestia, 18) devozione, 19) servizio del Guru.
36. Quando l’aria penetra il sole (cioè quando il respiro fluisce prevalentemente attraverso la narice destra o Pingalâ), questo è il momento giusto per lo Yogi di assumere il cibo; quando l’aria penetra la luna (cioè quando il respiro fluisce prevalentemente attraverso la narice sinistra o Idâ).
37. Lo Yoga (Prânâyâma) non deve essere praticato proprio dopo i pasti, né quando uno è molto affamato; prima di iniziare la pratica dovrebbe essere preso un po’ di latte e burro.
38. Quando uno è ben stabilizzato nella sua pratica, allora non ha bisogno di osservare queste restrizioni. Il praticante dovrebbe mangiare ogni volta in piccole quantità, sebbene frequentemente; e dovrebbe praticare il Kumbhaka quotidianamente alle ore stabilite.
39. Quando lo Yogi è in grado di regolare l’aria e fermare il respiro secondo la sua volontà, quando e come gli piace, allora certamente egli ottiene il successo nel Kumbhaka e, semplicemente dal successo nel Kumbhaka, quali altre cose lo Yogi non può dominare?
Il primo stadio.
40. Nel primo stadio del Prânâyâma il corpo dello Yogi comincia a sudare. Quando il corpo suda lo dovrebbe strofinare bene, altrimenti il corpo dello Yogi perde il suo Dâthu (umore).
Il secondo e terzo stadio.
41. Nel secondo stadio ha luogo il tremore del corpo; nel terzo, il saltare intorno come un ranocchio; e quando la pratica diventa più grande, l’adepto cammina nell’aria.
Vâyu-siddhi (successo sull’aria).
42. Quando lo Yogi, sebbene fermo nella posizione del loto, può sollevarsi nell’aria e lasciare il terreno, allora sai che ha raggiunto il Vâyu-siddhi, che distrugge l’oscurità del mondo.
43. Ma fino a quel momento, che egli pratichi osservando tutte le regole e le restrizioni date in precedenza. Dalla perfezione del Prânâyâma deriva la diminuzione del sonno, degli escrementi e dell’urina.
44. Lo Yogi, percettore di verità, diventa libero dai disturbi, dolori ed afflizioni; egli non ha mai traspirazione (putrida), bava, e vermi intestinali.
45. Quando nel corpo del praticante non c’è alcun aumento di flegma, di vento, né di bile, allora egli può impunemente essere irregolare nella sua dieta e nel resto.
46. Allora nessun effetto dannoso sarà prodotto, sia che lo Yogi prenda una grande quantità di cibo, o molto poco, o niente affatto. Attraverso la forza di una pratica costante, lo Yogi ottiene Bhuchari-siddhi, egli si muove come la rana salta sul terreno quando è spaventata dal battere delle mani.
47. Veramente, ci sono molti ostacoli gravi e quasi insormontabili nello Yoga, ciò non ostante lo Yogi deve proseguire con la sua pratica a tutti i costi; anche se dovesse mettere a repentaglio la propria vita.
48. E allora, seduto in un luogo solitario e ritirando i suoi sensi, che il praticante emetta, mediante impercettibili ripetizioni, il lungo Pranava OM, in modo da distruggere tutti gli ostacoli (tutte e tre le lettere AUM devono essere emesse distintamente).
49. Il saggio praticante sicuramente distrugge tutto il suo Karma, tanto quello acquistato in questa vita, come quello del passato, attraverso la regolazione del respiro.
50. Attraverso sedici Prânâyâma il grande Yogi distrugge le varie virtù e i vizi accumulati nelle sue vite passate.
51. Questo Prânâyâma distrugge il peccato, così come il fuoco brucia un mucchio di cotone; rende lo Yogi libero dal peccato; e quindi distrugge tutti i legami delle buone azioni.
52. Il potente Yogi, avendo ottenuto, attraverso il Prânâyâna, le otto specie di poteri psichici, e avendo attraversato l’oceano dei vizi e delle virtù, si muove liberamente attraverso i tre mondi.
Aumento della durata.
53. Quindi egli dovrebbe rendersi gradualmente capace di praticare per tre Gharis (un’ora e mezza per volta, egli dovrebbe essere capace di trattenere il respiro per quel periodo). Attraverso questo, lo Yogi ottiene senza dubbio tutti i poteri desiderati.
54. Lo Yogi acquista i seguenti poteri: 1) profezia (Vâkya-siddhi), 2) trasportare se stesso ovunque voglia (Kâmachari), 3) chiaroveggenza (duradrishti), 4) chiaroudienza (durashruti), 5) vista sottile (Shukshma-drishti), 6) il potere di entrare nel corpo di un altro (Parakâypravesana), 7) trasformare i metalli vili in oro strofinandoli coi suoi escrementi e con l’urina, 8) il potere di diventare invisibile, 9) e, infine, muoversi nell’aria.
Il Ghata Avasthâ.
55. Quando attraverso la pratica del Prânâyâma, lo Yogi raggiunge lo stato di Ghata (bottiglia d’acqua), allora per lui non c’è niente nel cerchio dell’universo che egli non possa compiere.
56. Il Ghata è descritto come lo stato in cui i Vâyu Prâna e Apâna, le Nâdi e i Vindu, il Jivâtmâ (lo Spirito Umano) e il Paramâtmâ (lo Spirito Universale) si combinano e cooperano.
57. Quando egli ottiene il potere di trattenere il respiro (cioè di essere in trance) per tre ore, allora certamente lo stato meraviglioso del Pratyâhâr (ritiro dei sensi) è raggiunto senza errore.
58. Qualunque oggetto lo Yogi percepisca, lo consideri come Spirito. Quando le modalità in cui agiscono i diversi sensi sono note, allora esse possono essere dominate.
59. Quando, attraverso una grande pratica, lo Yogi può praticare un Kumbhaka per tre ore piene, quando per otto danda (=3 ore) il respiro dello Yogi è sospeso, allora quel saggio può mettersi in equilibrio sul proprio pollice; ma egli appare agli altri come un folle.
Il Parichaya.
60. Dopo di ciò, attraverso l’esercizio, lo Yogi raggiunge il Parichaya Avasthâ. Quando l’aria che abbandona il sole e la luna (le narici destra e sinistra) rimane ferma e stabile all’interno della Sushumnâ (la Nâdi che scorre lungo la colonna vertebrale), allora questo è lo stato del Parichaya.
61. Quando egli, attraverso la pratica dello Yoga, acquista il potere di azione (Kriyâshakti) e penetra attraverso i sei Chakra (i sei centri o fiori di loto situati lungo la colonna vertebrale), e raggiunge la condizione sicura di Parichaya, allora lo Yogi veramente vede i triplici effetti del Karma.
62. Allora, che lo Yogi distrugga la moltitudine dei Karma attraverso il Pranava OM, che egli compia Kâyavyuha (un processo mistico di arrangiamento dei vari centri del corpo) in modo da godere o soffrire le conseguenze di tutte le sue azioni in una vita sola, senza la necessità di rinascere.
63. A quel punto, che il grande Yogi pratichi le quintuplici forme di concentrazione (Dhâranâ) su Vishnu, attraverso le quali si ottiene il dominio sui cinque elementi, e il timore di essere danneggiati su qualunque di esso è rimosso (nessuno dei cinque elementi può danneggiarlo).
64. Che il saggio Yogi pratichi la concentrazione in questo modo: cinque ghati (un ghati corrisponde a mezzora) sul loto Mulâdhara (area perineale), cinque ghati sul piedistallo del Linga (alla radice dell’organo genitale = Swâdisthânâ), cinque ghati nella regione ombelicale (Manipur) e lo stesso nella regione del cuore (Anâhata), cinque ghati nella gola (Vishudda) e, infine, che egli tenga il Dhâranâ nello spazio fra le due sopracciglia (Ajnâpur). Attraverso questa pratica gli elementi cessano di produrre qualunque danno al grande Yogi.
65. Il saggio Yogi, che così continuamente pratica la concentrazione, non muore mai attraverso centinaia di cicli del grande Brahmâ.
Il Nishpatti.
66. Dopo di ciò, attraverso un esercizio graduale, lo Yogi raggiunge il Nishpatti-avasthâ (la condizione di consumazione). Lo Yogi, avendo distrutto tutti i semi del Karma che sono esistiti fin dal principio, beve l’acqua dell’immortalità.
67. Quando il Jivan-mukta, il sereno Yogi ha ottenuto in questa vita, attraverso la pratica, la consumazione del Samâdhi (stato di trance o estasi), e quando questa condizione di Samâdhi consumato può essere evocata volontariamente, allora che lo Yogi ottenga il Chetanâ (intelligenza cosciente), insieme con l’aria, e con la forza del Kriyâ-shakti domini i sei Chakra e lo assorba nella forza chiamata Jñâna-shakti.
68. Ora noi abbiamo descritto il controllo dell’aria al fine di rimuovere i disturbi (che attendono lo Yogi); attraverso questa conoscenza del Vâyu-sâdhanâ (disciplina delle energie vitali) scompaiono tutte le sofferenze e i godimenti nel cerchio dell’universo.
69. Quando lo Yogi esperto, piazzando la lingua alla radice del palato, può bere il Prâna-vâyu, allora si ha la completa dissoluzione di tutti gli Yoga (cioè egli non ha più bisogno dello Yoga [o, secondo altri testi, egli è libero da tutti i disagi]).
70. Quando lo Yogi esperto, che conosce le leggi di azione del Prâna e di Apâna, può bere l’aria fredda, attraverso la contrazione della bocca a forma di becco di corvo, allora egli diventa dedito alla liberazione.
71. Quel saggio Yogi, che beve quotidianamente l’aria d’ambrosia, secondo le regole giuste, distrugge la fatica, la febbre, il decadimento o la vecchiaia e i danni.
72. Puntando in su la lingua, quando lo Yogi può bere il nettare che fluisce dalla luna (situato fra le due sopracciglia) entro un mese sicuramente dominerà la morte.
73. Quando, avendo fermato la glottide mediante la giusta tecnica Yoga, e meditando sulla dea Kundalini, egli beve (il fluido lunare della immortalità), egli diventerà un saggio o un poeta entro sei mesi.
74. Quando egli beve l’aria attraverso il becco di corvo, sia al mattino che al crepuscolo della sera, meditando sul flusso che va alla bocca di Kundalini, la consunzione dei polmoni (tisi) è curata.
75. Quando il saggio Yogi beve il fluido giorno e notte, attraverso il becco di corvo, i suoi disturbi sono eliminati, egli acquista certamente i poteri di chiaroudienza e chiaroveggenza.
76. Quando, chiudendo fermamente i denti e piazzando la lingua in su, il saggio Yogi beve il fluido molto lentamente, in un breve periodo egli dominerà la morte.
77. Colui che per sei mesi soltanto continua i suoi esercizi quotidiani è liberato da tutti i peccati e distrugge tutti i disturbi.
78. Se egli continua questo esercizio per un anno, egli diventa un Bhairava; egli ottiene il potere di Animâ, ecc., e domina tutti gli elementi e gli elementali.
79. Se lo Yogi può rimanere per mezzo secondo con la lingua tirata in su, egli diventa libero da ogni disturbo, dalla morte e dalla vecchiaia.
80. In verità, in verità, Io ti dico che non muore mai la persona che medita pressando la lingua, combinata col fluido vitale del Prâna.
81. Attraverso questo esercizio e lo Yoga, egli diventa come un Kâmadeva, senza un rivale. Egli non percepisce né fame, né sete, né sonno, né mancamento.
82. Agendo con questi metodi il grande Yogi diventa nel mondo perfettamente indipendente; e libero da tutti gli ostacoli egli può andare dovunque.
83. Praticando ciò non avrà rinascita, né sarà tentato dal vizio e dalla virtù, ma godrà a lungo con gli dei.
Le Âsana (posizioni).
84. Ci sono ottantaquattro posizioni di vario genere. Di esse quattro dovrebbero essere adottate, che io menzionerò di seguito: Siddhâsana, Padmâsana, Ugrâsana, Svastikâsana.
Siddhâsana.
85. La Siddhâsana che dà successo al praticante è come segue: pressando attentamente il calcagno sulla Yoni (regione perineale) lo Yogi deve piazzare l’altro calcagno sul Lingam (organo genitale); egli deve fissare il suo sguardo all’insù nello spazio fra le due sopracciglia, deve essere stabile e ritirare i suoi sensi. In particolare il suo corpo deve essere diritto e senza piega. Il luogo dovrebbe essere solitario e senza alcun rumore.
86. Colui che desidera ottenere una rapida consumazione dello Yoga, attraverso l’esercizio, dovrebbe adottare la posizione Siddhâsana e praticare la regolazione del respiro.
87. Attraverso questa postura lo Yogi raggiunge il più alto termine e in tutto il mondo non c’è una postura più segreta di questa. Assumendo questa posizione e meditando in essa lo Yogi è liberato dal peccato.
Padmâsana.
88. Io descriverò ora Padmâsana che tutela da tutti i disturbi (o li cura): avendo incrociato le gambe, poni attentamente i piedi sulla coscia opposta; incrocia ambo le mani e ponile similmente sulle cosce; fissa lo sguardo sulla punta del naso; pressando la lingua sulla radice dei denti; il mento dovrebbe essere elevato, il petto espanso; quindi guida l’aria lentamente, riempi il torace con tutta la tua potenza ed espellila lentamente, con un flusso ininterrotto.
89. Non può essere praticata da tutti, solo il saggio raggiunge il successo.
90. Praticando questa posizione, indubbiamente i soffi vitali del praticante diventano completamente bilanciati e fluiscono armoniosamente attraverso il corpo.
91. Seduto nella posizione Padmâsana e conoscendo l’azione di Prâna e Apâna quando lo Yogi pratica la regolazione del respiro, egli è emancipato: Io vi dico la verità. Realmente Io vi dico la verità.
Ugrâsana.
92. Distendi entrambe le gambe e tienile separate; tieni fermamente la testa con le mani e ponila sulle ginocchia. Questa è chiamata Ugrâsana (la posizione di austerità), essa eccita il movimento dell’aria, distrugge l’ottusità e le difficoltà del corpo, ed è anche chiamata Paschimauttana (la posizione posteriore incrociata). L’uomo saggio che pratica quotidianamente questa nobile posizione può certamente indurre il flusso dell’aria per viam posteriori.
93. Coloro che praticano ciò ottengono tutti i poteri; pertanto coloro che sono desiderosi di ottenere poteri dovrebbero praticarla con diligenza.
94. Questo dovrebbe essere tenuto segreto con grande attenzione e non dovrebbe essere rivelato a chiunque. Attraverso ciò Vâyu-siddhi è facilmente ottenuto e distrugge una moltitudine di miserie.
Svastikâsana.
95. Poni la pianta dei piedi completamente sotto le cosce, tieni il corpo diritto e siedi comodamente. Questo è chiamato Svastikâsana.
96. In questo modo il saggio Yogi dovrebbe praticare la regolazione del soffio. Nessun disturbo può attaccare il suo corpo, ed egli ottiene Vâyu-siddhi.
97. Questo è chiamato anche Sukhâsana, la posizione facile. Questa portatrice di salute, benefica posizione Svastikâsana, dovrebbe essere tenuta segreta dallo Yogi.

CAPITOLO IV

Yoni-mudrâ. La bevanda sacra dei Kaulas.
1. All’inizio, con una forte inspirazione, lo Yogi fissa la mente sul loto Âdhâra. Ciò impegna nella contrazione della Yoni, che è situata nello spazio perineale.
2. Che egli contempli il dio dell’amore che risiede in quella Brahma-yoni e che è bellissimo come un fiore Bandhuk (Pentapes Phoenicia), brillante come dieci milioni di soli e fresco come dieci milioni di lune. Sopra questa Yoni c’è una certa piccola e sottile fiamma, la cui forma è intelligenza. E poi che egli immagini una unione che abbia luogo là fra sé e quella fiamma (Shiva e Shakti).
3. (Allora immagini che) risalga i tre corpi lungo il vaso di Sushumnâ nel loro ordine dovuto (eterico, astrale e mentale). Là in ogni Chakra è emesso il nettare, la caratteristica del quale è una grande beatitudine. Il suo colore è rosa biancastro, pieno di splendore, rovescia zampilli di fluido immortale. Che egli beva il vino della immortalità che è divino e poi ancora penetri nello spazio perineale (Kulâ).
4. Quindi egli si concentri ancora sul Kulâ, attraverso la pratica del Matra-Yoga (cioè il Prânâyâma). Questa Yoni nel Tantra è stata da me definita uguale alla vita.
5. Ancora, che egli sia assorbito in quella Yoni dove dimora il fuoco della morte – la natura di Shiva, ecc. Così è stato descritto da me il metodo per praticare il grande Yoni-Mudrâ. Dal successo nella sua pratica non c’è niente che non possa essere ottenuto.
6. Perfino quei Mantra che sono deformati o paralizzati, scottati dal fuoco, o la cui fiamma è diventata attenuata, o che sono scuri e che dovrebbero essere abbandonati, o che sono cattivi o troppo vecchi, o che sono orgogliosi della loro germogliante gioventù, o che sono passati dalle porte del nemico, o deboli e privi di essenza senza vitalità; o che sono stati suddivisi in centinaia di parti, anche loro diventano fertili attraverso il tempo e il metodo. Tutti questi possono generare potere ed emancipazione quando sono dati al discepolo dal Guru, dopo averlo iniziato secondo il rito appropriato e bagnato un migliaio di volte. Questo Yoni-mudrâ è stato descritto, in modo che lo studente possa meritare (di essere iniziato ai suoi misteri) e di ricevere il Mantra.
7. Colui che pratica Yoni-mudrâ non è toccato dal peccato, anche se dovesse assassinare un migliaio di Brahmana o tutti gli abitanti dei tre mondi.
8. Sia che uccida il suo maestro o beva del vino o compia un furto o violi il letto del suo precettore, egli non è macchiato neanche da questi peccati, grazie alla virtù di questo Mudrâ.
9. Pertanto colui che desidera l’emancipazione dovrebbe praticare questo Mudrâ quotidianamente. Attraverso la pratica (Abhyâsa) il successo è ottenuto; attraverso la pratica uno guadagna la liberazione.
10. La perfetta coscienza è ottenuta attraverso la pratica. Lo Yoga è ottenuto attraverso la pratica, il successo nei Mudrâ viene attraverso la pratica; attraverso la pratica è guadagnato il successo nel Prânâyâma. Alla morte può essere sottratta la sua preda attraverso la pratica, e l’uomo diventa il dominatore della morte attraverso la pratica.
11. Attraverso la pratica si ottiene il potere della profezia, e il potere di andare dovunque, attraverso una semplice espressione di volontà. Questo Yoni-mudrâ deve essere tenuto in gran segreto e non concesso a chiunque. Neanche sotto minaccia di morte deve essere rivelato o dato ad altri.
Il risveglio di Kundalini.
12. Adesso Io ti parlerò dei mezzi migliori per ottenere il successo nello Yoga. Il praticante dovrebbe tenerli segreti. E’ lo Yoga più inaccessibile.
13. Quando la dea dormiente Kundalini è risvegliata, per grazia del Guru, allora tutti i fiori di loto e i legami sono prontamente attraversati.
14. Pertanto, al fine di risvegliare la dea dormiente nel Brahmarandra (l’apertura più interna di Sushumnâ), i Mudrâ dovrebbero essere praticati con la più grande attenzione.
15. Fra i tanti Mudrâ, i seguenti dieci sono i migliori: 1) Mahâmudrâ, 2) Mahâbandha, 3) Mahâvedha, 4) Khechari, 5) Jâlandhar, 6) Mulabandha, 7) Viparitkarana, 8) Uddhana, 9)Vajrondi, 10) Shaktichalana.
16. Miei cari, Io vi descriverò adesso Mahâmudrâ, dalla cui conoscenza gli antichi saggi Kapila ed altri hanno ottenuto il successo nello Yoga.
Mahâ-Mudrâ.
17. In accordo con le istruzioni del Guru, comprimi leggermente il perineo col tallone del piede sinistro. Distendendo il piede destro prendilo bene con ambo le mani. Avendo chiuso i nove cancelli del corpo, piazza il mento sul torace. Quindi concentra le vibrazioni della mente e inspira l’aria e trattienila mediante il Kumbhaka (tanto quanto è possibile comodamente). Questo è il Mahâmudrâ, tenuto segreto in tutti i Tantra. Lo Yogi dalla mente stabile, avendolo praticato sul lato sinistro, lo deve praticare sul lato destro, e in tutti i casi deve essere stabile nel Prânâyâma, la regolazione del suo respiro.
18. In questo modo anche il più sfortunato degli Yogi può ottenere il successo. Attraverso questi mezzi tutti i vasi del corpo sono destati e messi in movimento; la vita è incrementata e il suo deterioramento è posto sotto controllo, e tutti i peccati sono distrutti. Tutti i disagi sono guariti, e il fuoco gastrico è aumentato. Esso dà bellezza senza colpa al corpo e distrugge la decadenza e la morte. Tutti i frutti dei desideri e i piaceri sono ottenuti e i sensi sono dominati. Lo Yogi fisso in meditazione acquista tutte le cose sopra menzionate, attraverso la pratica. Non ci dovrebbe essere esitazione nel fare questo.
19. Oh tu, favorito degli Dei! Sappi che questo Mudrâ deve essere tenuto segreto con la più grande cura. Ottenendo ciò, lo Yogi attraversa l’oceano del mondo.
20. Questo Mudrâ, descritto da me, è il dispensatore di tutti i desideri al praticante; deve essere praticato in segreto e non deve essere dato a tutti.
Mahâ-Bandha.
21. Allora, avendo disteso il piede destro, ponilo sulla coscia sinistra; contrai il perineo e dirigi l’Âpanâ-vâyu in alto e uniscilo col Samanâ-vâyu; ruota il Prâna-vâyu in basso e quindi, o saggio Yogi, uniscili in trinità nell’ombelico. Io ti ho parlato adesso del Mahâbandha, che mostra la via verso la emancipazione. Attraverso ciò, tutti i fluidi nei vasi del corpo dello Yogi sono spinti verso la testa. Questo deve essere praticato con grande attenzione, alternativamente con ambo i piedi.
22. Attraverso questa pratica, il soffio entra nel canale centrale di Sushumnâ, il corpo è rinvigorito da esso, le ossa sono fermamente legate, il cuore dello Yogi diventa pieno di gioia. attraverso questo Bandha, il grande Yogi soddisfa tutti i suoi desideri.
Mahâ-Vedha.
23. Oh Dea dei tre mondi! Quando lo Yogi, mentre pratica il Mahâbandha, produce l’unione di Prâna e Âpâna e, riempiendo i visceri di aria, la muove lentamente, questo è chiamato Mahâvedha.
24. Il migliore degli Yogi, attraverso l’aiuto del Vâyu, avendo penetrato con questo perforatore il nodo che è sul sentiero di Sushumnâ, dovrebbe allora penetrare il nodo di Brahma.
25. Colui che pratica questo Mahâvedha in grande segreto, ottiene Vâyu-siddhi. Esso distrugge la decadenza e la morte.
26. Gli Dei che risiedono nei Chakra tremano a causa del dolce flusso e riflusso dell’aria nel Prânâyâma; anche la grande Dea, Kunali Mahâ Mâyâ, è assorbita nel monte Kailâsa.
27. Il Mahâmudrâ e il Mahâbandha diventano infruttuosi se non sono seguiti da Mahâvedha; pertanto lo Yogi deve praticarli tutti e tre successivamente con grande cura.
28. Colui che pratica questi tre quotidianamente per quattro volte con grande attenzione, indubbiamente domina la morte entro sei mesi.
29. Solo il Siddha e nessun altro conosce l’importanza di questi tre; conoscendoli il praticante ottiene tutto il successo.
30. Questo dovrebbe essere tenuto in gran segreto dal praticante desideroso di ottenere potere; altrimenti è certo che gli agognati poteri non possono essere mai ottenuti attraverso la pratica dei Mudrâ.
Khechari.
31. Il saggio Yogi, seduto nella posizione Vajrâsana, in un luogo libero da tutti i disturbi, dovrebbe fissare fermamente il suo sguardo nel punto situato in mezzo alle sopracciglia; e, volgendo la lingua all’indietro, la deve fissare nella cavità sotto la glottide, ponendola con grande attenzione sull’orlo del pozzo del nettare (cioè chiudendo il passaggio dell’aria). Questo Mudrâ, descritto da me a richiesta dei miei devoti, è il Khechari-Mudrâ.
32. Oh mio diletto! Sappi che questo è la fonte di tutti i successi, sempre praticandolo bevi l’ambrosia giornalmente. Attraverso questo ottieni Vigraha-siddhi (potere sul microcosmo), proprio come un leone sull’elefante della morte.
33. Che sia puro o impuro, in qualunque condizione uno possa essere, se ottiene il successo nel Khechari, diventa puro. Non c’è dubbio su ciò.
34. Colui che pratica ciò anche per un momento attraversa il grande oceano del peccato e, avendo goduto i piaceri del mondo dei Deva, è come se fosse nato in una nobile famiglia.
35. Colui che pratica questo Khechari-Mudrâ con calma e senza pigrizia conta centinaia dei periodo di Brahma come se fossero secondi.
36. Colui che conosce questo Khechari secondo le istruzioni del suo Guru, raggiunge il fine più alto, per quanto immerso in grandi peccati.
37. Oh tu, diletto degli Dei! Questo Mudrâ, caro come la vita, non dovrebbe essere dato a tutti; dovrebbe essere tenuto nascosto con grande cura.
Jâlandhara.
38. Avendo contratto i muscoli della gola, comprimi il mento sul petto. Questo è chiamato Jâlandhara-Mudrâ. Anche gli Dei lo riconoscono inestimabile. Il fuoco nella regione dell’ombelico (cioè il succo gastrico) beve il nettare essudato dal loto dai mille petali. Egli dovrebbe praticare questo Bandha (in modo da evitare che il nettare sia così consumato).
39. Attraverso questo Bandha lo stesso saggio Yogi beve il nettare e, ottenendo l’immortalità, gode i tre mondi.
40. Questo Jâlandhara-Bandha è il dispensatore del successo al praticante; lo Yogi desideroso di successo dovrebbe praticarlo quotidianamente.
Mula-Bandha.
41. Comprimendo bene l’ano col tallone, dirigi in alto lentamente l’Apâna-vâyu, attraverso la pratica. Questo è descritto come Mula-Bandha, il distruttore del decadimento e della morte.
42. Se nel corso della pratica di questo Mudrâ lo Yogi può unire l’Apâna col Prâna-vâyu, allora questo naturalmente diventa Yoni-Mudrâ.
43. Che cosa non può realizzare in questo mondo colui che ha realizzato Yoni-Mudrâ? Sedendo nella posizione del loto, libero dall’indolenza, lasciando il terreno, lo Yogi si muove nell’aria, in virtù di questo Mudrâ.
44. Se il saggio Yogi desidera attraversare l’oceano del mondo, che egli pratichi questo Bandha in segreto, in un luogo solitario.
Viparitkarana.
45. Mettendo la testa sul terreno, che egli stiri le gambe in alto, muovendole a rotazione. Questo è Viparitkarana, tenuto segreto in tutti i Tantra.
46. Lo Yogi che lo pratica quotidianamente per tre ore domina la morte, e non è distrutto neanche dal Pralaya.
47. Colui che beve il nettare diventa uguale ai Siddha; colui che pratica questo Bandha diventa un adepto fra tutte le creature.
Uddâna-Bandha.
48. Quando gli intestini sopra e sotto l’ombelico sono portati sul lato sinistro, questo è chiamato Uddâna-Bandha, il distruttore di tutti i peccati e di tutti i dolori. La parte sinistra dei visceri della cavità addominale deve essere portata sopra l’ombelico. Questo è Uddâna-Bandha, il leone dell’elefante della morte.
49. Lo Yogi che lo pratica sempre quotidianamente per quattro volte, domina la morte, purifica così il suo ombelico, attraverso il quale i soffi sono purificati.
50. Praticandolo per sei mesi, lo Yogi certamente domina la morte; il fuoco gastrico è destato e ha luogo un aumento dei fluidi del corpo.
51. Attraverso questo, in conseguenza, è ottenuto anche il Vigrahasiddhi. Tutti i disturbi dello Yogi sono certamente distrutti attraverso di esso.
52. Avendo imparato il metodo dal Guru, il saggio Yogi dovrebbe praticarlo con grande attenzione. Questo inaccessibile Mudrâ deve essere praticato in un luogo solitario e indisturbato.
Shakti-Châlan.
53. Che il saggio Yogi guidi verso l’alto impetuosamente e fermamente la Dea Kundalini dormiente nel loto Âdhâra, per mezzo dell’Apâna-vâyu. Questo è il Mudrâ Shakti-Châlan, dispensatore di tutti i poteri.
54. Colui che pratica questo Shakti-châlan quotidianamente, ottiene un aumento della propria vitalità e la distruzione dei disturbi.
55. Lasciando il sonno, il serpente stesso (cioè la Kundalini) sale verso l’alto; perciò, lo Yogi desideroso di poteri pratichi ciò.
56. Colui che pratica sempre questo ottimo Shakti-Châlan secondo le istruzioni del Guru, ottiene Vigraha-siddhi, che dà il potere di Animâ, ecc., e non ha timore della morte.
57. Colui che pratica lo Shakti-châlan appropriatamente per due secondi e con attenzione, è molto vicino al successo. Questo Mudrâ deve essere praticato dallo Yogi nella giusta postura.
58. Questi sono i dieci Mudrâ il cui uguale non c’è mai stato e non ci sarà mai. Attraverso la pratica di ciascuno di loro, una persona diviene un Siddha e ottiene il successo.
53. Descriverò brevemente per amore dei miei devoti vajronî che distrugge l’oscurità del samsâra ed è segretissima.
54. Colui che vive secondo i propri piaceri nel mondo, senza seguire le regole dello Yoga, ottiene l’emancipazione come colui che vive nell’ascesi, praticando ripetutamente vajronî.
55. Con la pratica di vaironî lo yogin, anche se è legato ai godimenti terreni, diventa datore di liberazione; perciò gli yogin devono praticare vajronî con impegno.
56. In primo luogo, dopo aver assorbito con zelo, secondo le regole, le secrezioni dell’organo femminile nel corpo attraverso il canale, introduca il suo organo nella vagina, trattenendo il seme, muova l’organo e, se per caso il seme sta per cadere, lo faccia risalire in alto con la yonimudrâ, guidandolo nella regione sinistra; fermi un attimo il pene nella vagina, di nuovo lo muova secondo le istruzioni del maestro, ripetendo hum hum, traendo verso l’alto l’apânavâyu con forza e assorbendo le secrezioni della donna.
57. In questo modo lo yogin, per avere successo nello Yoga, deve praticare subito la vajronimûdrâ nutrendosi di latte, dedito all’omaggio del piede del maestro.
58. Si deve sapere che il bindu è della natura della luna, il rajas della natura del sole; bisogna provocare la loro unione nel corpo.
59. Io sono il seme, il rajas è la Shakti, quando gli yogin. riescono a unire entrambi nel loro corpo, che e la sede del rituale, . Non c’è dubbio che gli uomini nascano e muoiano per mezzo del seme; sapendo ciò lo yogin pratichi sempre la ritenzione.
62. Che cosa non può ottenere sulla terra chi riesce a trattenere il seme? Grazie a ciò io ho ottenuto il mio potere: e così.
63. Il seme dà gioia e dolore a tutti gli esseri attaccati all’esistenza mondana in preda all’errore, soggetti a vecchiaia e a morte; questo Yoga: che da successo agli yogin, è veramente il migliore.
64. Con la pratica ottiene successo anche l’uomo che è rimasto attaccato al piacere; anche chi ha perseguito l’utile sulla terra è un perfetto al momento della morte.
65. Dopo aver fruito pienamente di ogni beatitudine, con questo Yoga gli yogin ottengono un successo completo.
66. Perciò con grande piacere lo yogin compia questa pratica.
67. Sahajoni e amarânî gli altri nomi di vajronî. In ogni modo lo yogin trattenga il seme.
68. Se per caso il seme viene emesso nell’eccitazione e avviene l’unione della luna con il sole, lo yogin lo riassorba con il canale: questa è amarânî.
69. Lo yogin deve trattenere il seme sfuggito con la yonimudrâ: si verifica allora la sahajoni, tenuta segreta in tutti i Tantra.
70. La distinzione nasce dalle differenze dei nomi, ma il risultato è uguale; perciò gli yogin devono sempre praticare queste mudrâ con impegno, se vogliono il successo.
71. Ho rivelato questo Yoga per amore dei miei devoti; esso deve essere tenuto segreto e non deve essere rivelato a una persona qualsiasi.
72. Questo Yoga è veramente segreto e non ve ne sarà un altro, ne c’è stato; perciò con ogni impegno deve essere tenuto segreto dai saggi.
73. Quando lo yogin urina, dopo aver assorbito con forza il vâyu, emetta a goccia a goccia l’urina, riassorbendola di nuovo in alto secondo la via indicata dal saggio. Chi fa così ogni giorno riesce a trattenere il seme, pratica che conferisce grande potere.
74. Chi pratica tutti i giorni la vajronî secondo le istruzioni del maestro, non perde il seme neppure unendosi a cento donne.
75. Dopo aver ottenuto il successo nel trattenere il seme, che cosa non riesce? Con il potere di questa pratica, o Pârvatî, io ho ottenuto la mia forza, difficile a ottenersi.
76. Il saggio svegli la Kundalinî, che dorme profondamente nell’âdhâra, traendola in alto con forza per mezzo dell’apânavâyu. Questa è la shakticâlanamudrâ, che conferisce ogni potere.
77. Chi pratica ogni giorno lo sakticâlana ottiene il prolungamento della vita e la distruzione delle malattie.
78. Abbandonato il sonno, di certo la serpe si rizza da sola; perciò lo yogin che desidera il successo compia questa pratica.
79. Chi pratica sempre, secondo le istruzioni del maestro, l’eccellente shakticâlana, ottiene la vigrahasiddhi, che da il potere di animan e le altre siddhi; come può dunque temere la morte?
80. Chi pratica per due secondi, con zelo, al momento opportuno, lo shakticâlana, vede vicino il successo; lo shakticâlana deve essere praticato dagli yogin nella posizione adatta.
81. Queste sono le dieci mudrâ di cui non vi è stato e non vi sarà eguale: praticandole una dopo l’altra si ha successo, in altro modo non si diventa perfetti.

CAPITOLO V

1. Pârvati: – Oh Signore, oh amato Shankar! Raccontami, per la salvezza di coloro le cui menti sono in cerca del fine supremo, gli ostacoli e gli impedimenti allo Yoga.
2. Shiva: – Ascolta, oh Dea! Io ti parlerò di tutti gli ostacoli che stanno sul sentiero dello Yoga. Per l’ottenimento della emancipazione i piaceri (Bhoga) sono i più grandi di tutti gli impedimenti.
Bhoga.
3. I rapporti con l’altro sesso, i letti, i sedili, i vestiti e le ricchezze sono ostacoli allo Yoga. Noci di Betel, pietanze sofisticate, mezzi di trasporto, regni, signoria e potere; oro, argento, così come il rame, le gemme, il legno di aloe, le mucche; imparare i Veda e gli Shastra; danzare, cantare e gli ornamenti; l’arpa, il flauto e il tamburo; cavalcare elefanti e cavalli; piaceri mondani; tutte queste cose costituiscono altrettanti impedimenti. Questi sono gli ostacoli che sorgono dai piaceri. Adesso ascolta gli impedimenti che sorgono dalla religione ritualistica.
Dharma.
4. Quelli che seguono sono gli ostacoli che il Dharma interpone: le abluzioni, il culto delle diete, l’osservanza dei giorni sacri della luna, del fuoco, dei sacrifici, il desiderio della liberazione, i voti e le penitenze, i digiuni, le osservanze religiose, il silenzio, le pratiche ascetiche, la contemplazione e gli oggetti di contemplazione, i Mantra, le elemosine, la grande fama; scavare e attrezzare cisterne, pozzi, stagni; conventi e boschetti, sacrifici e voti di fame, Chândrâyana e pellegrinaggi.
Jñâna (gli ostacoli della conoscenza).
5. Adesso Io ti descriverò, oh Pârvati, gli ostacoli che sorgono dalla conoscenza. Sedere nella posizione Gomukh e praticare il Dhauti (lavaggio dell’intestino mediante lo Hatha-Yoga). La conoscenza della distribuzione delle Nâdi, l’apprendimento del Pratyâhâra (il dominio dei sensi), il tentativo di risvegliare la forza Kundalini muovendo velocemente il ventre (un procedimento dello Hatha-Yoga), entrare nel sentiero degli Indriya, e la conoscenza dell’azione delle Nâdi; questi sono gli ostacoli. Adesso ascolta le nozioni errate sulla dieta, oh Pârvati.
6. Che il Samâdhi possa essere subito indotto bevendo certe nuove essenze chimiche e mangiando certi cibi è un errore. Adesso ascolta le nozioni errate sull’influenza delle compagnie.
7. “Mantieni la compagnia di persone virtuose ed evita quella di persone viziose” è una nozione errata. “Misurare la pesantezza e la leggerezza dell’aria inspirata ed espirata” è una idea errata.
8. “Brahman è nel corpo”, o “Egli è l’autore della forma”, o “Egli ha una forma”, o “Egli non ha una forma”, o “Egli è qualunque cosa”; tutte queste confortanti dottrine sono ostacoli. Tali nozioni sono ostacoli sotto forma di conoscenza.
Quattro tipi di Yoga.
9. Lo Yoga è di quattro tipi: – Primo il Mantra-Yoga, secondo lo Hatha-Yoga, terzo il Laya-Yoga, quarto il Raj-Yoga; che elimina la dualità.
Sâdhaks (gli aspiranti).
10. Sappi che gli adepti sono di quattro tipi: blandi, moderati, ardenti e i più ardenti, i migliori che possono attraversare l’oceano del mondo.
(Blandi) adatti al Mantra-Yoga.
11. Uomini di poca intraprendenza, dimentichi, malaticci e che trovano difetti nei loro maestri; avari, peccatori, e irrimediabilmente attaccati alle loro compagnie; incostanti, timidi, pieni di disturbi, non indipendenti, e crudeli; questi le cui caratteristiche sono cattive e che sono deboli, sappi che tutti quelli che ho menzionato sono blandi adepti. Con grande sforzo tali uomini ottengono il successo in dodici anni; il loro maestro li dovrebbe riconoscere adatti al Mantra-Yoga.
(Moderati) adatti al Laya-Yoga.
12. Menti liberali, misericordiose, desiderose di virtù, dolci nel loro parlare; che non vanno mai agli estremi nei loro impegni, questi sono moderati. Questi devono essere iniziati dal loro maestro al Laya-Yoga.
(Ardenti) adatti allo Hatha-Yoga.
13. Con la mente stabile, conoscendo il Laya-Yoga, indipendenti, pieni di energia, magnanimi, pieni di simpatia, inclini al perdono, veritieri, coraggiosi, pieni di fede, adoratori dei piedi di loto del loro Guru, sempre impegnati nella pratica dello Yoga; sappi che tali uomini sono Adhimâtra: Essi ottengono il successo nella pratica Yoga entro sei anni, e dovrebbero essere iniziati allo Hatha-Yoga e alle sue branche.
(I più ardenti) adatti a tutti gli Yoga.
14. Tutti quelli che hanno la maggior quantità di energia, che sono intraprendenti, impegnati, eroici, che conoscono gli Shastra, e che sono perseveranti, liberi dagli effetti e delle cieche emozioni e non facilmente confusi, che sono nel fiore della loro gioventù, moderati nella loro dieta, controllori dei propri sensi, senza timori, puliti, pieni di abilità, caritatevoli, di aiuto a tutti; competenti, fermi, pieni di talento, contenti, inclini al perdono, di buona natura, religiosi, che tengono segreti i loro sforzi, dolci nel parlare, pieni di pace, che hanno fede nelle scritture e sono adoratori di Dio e del Guru, che sono restii a sprecare il loro tempo in società, e che sono liberi da ogni penosa malattia, che sono informati sui doveri dell’Adhimâtra, e sono praticanti di ogni tipo di Yoga; indubbiamente questi ottengono il successo in tre anni; essi sono adatti ad essere iniziati a tutti i tipi di Yoga senza alcuna esitazione.
Invocazione all’ombra (Pratikopâsana).
15. L’invocazione di Pratika (ombra) dà al devoto gli oggetti visti come quelli non visti; indubbiamente attraverso la sua semplice visione, un uomo diventa puro.
16. Quando il cielo è chiaro di sole, osserva con sguardo fisso il tuo riflesso divino; quand’anche questo è visto per un solo secondo nel cielo, tu subito vedi Dio nel cielo.
17. Colui che quotidianamente vede la sua ombra nel cielo, avrà i suoi anni aumentati e non morirà mai di morte accidentale.
18. Quando l’ombra si vede pienamente riflessa nel campo del cielo, allora si ottiene la vittoria; e, dominando il Vâyu, si va ovunque. Come invocare: al momento dell’alba, o al sorgere della luna, che egli fissi stabilmente il suo sguardo sul collo dell’ombra che egli getta; poi, dopo un po’ di tempo, che egli volga lo sguardo al cielo; se vede una piena ombra grigia nel cielo, questo è di buon auspicio.
19. Colui che pratica sempre questo e conosce il Paramâtmâ, diventa felicissimo, attraverso la grazia della sua ombra.
20. Al momento dell’inizio di un viaggio, di un matrimonio, o di un lavoro sospetto, o quando si hanno dei problemi, ciò è di grande utilità. Questa invocazione dell’ombra distrugge tutti i peccati e aumenta la virtù.
21. Praticandola sempre egli comincia finalmente a vedere nel suo cuore, e lo Yogi perseverante ottiene la liberazione.
Raj-Yoga.
22. Che egli chiuda le orecchie con i suoi pollici, gli occhi con gli indici, le narici con i medi, e con le rimanenti quattro dita che egli comprima insieme le labbra superiori con quelle inferiori. Lo Yogi, avendo così fermamente confinato l’aria, vede la sua anima sotto forma di luce.
23. Quando uno vede, senza interruzione, questa luce anche per un momento, diventando libero dal peccato, raggiunge il fine supremo.
24. Lo Yogi, libero dal peccato, e praticando questo continuamente, dimentica i suoi corpi fisici, sottili e causali e diventa tutt’uno con quell’anima.
25. Colui che pratica ciò in segreto è assorbito nel Brahman, per quanto egli sia stato impegnato in fatti peccaminosi.
26. Tutto questo dovrebbe essere tenuto segreto; ciò produce subito la convinzione; e dà il Nirvâna al genere umano. Questo è lo Yoga più amato. Praticandolo gradualmente, lo Yogi comincia a sentire i suoni mistici (Nâdas).
I suoni Anâhad.
27. Il primo suono è come il bisbigliare di un’ape intossicata dal miele, il seguente quello di un flauto, poi un’arpa; dopo di ciò, attraverso la pratica graduale dello Yoga, il distruttore dell’oscurità del mondo ode i suoni di campanelli sonanti; poi suoni simili ai boati del tuono. Quando uno fissa la sua piena attenzione su questo suono, essendo libero dalla paura, egli ottiene l’assorbimento, o mio diletto!
28. Quando la mente dello Yogi è estremamente impegnata in questo suono, egli dimentica tutte le cose esterne ed è assorbito in questo suono.
29. Attraverso questa pratica dello Yoga egli conquista tutte e tre le qualità (cioè buono, cattivo e indifferente); ed essendo libero da tutte le condizioni, egli è assorbito in Chidâkâsh (l’etere della coscienza).
Un segreto.
30. Non c’è posizione come quella di Siddhâsana, nessun potere come quello di Khumba, nessun Mudrâ come il Khechari, e nessun assorbimento come quello del Nâda (il suono mistico).
31. Ora Io ti descriverò, o cara, il sapore della salvezza, conoscendo il quale persino l’aspirante pieno di peccato può ottenere la salvezza.
32. Avendo adorato il Signore Iddio nel modo appropriato, ed avendo completamente esercitato il migliore degli Yoga, che il saggio Yogi si addentri in questo Yoga compiacendo il suo Guru.
33. Avendo ceduto tutto il suo bestiame e le sue proprietà al Guru che conosce lo Yoga, ed avendolo soddisfatto con grande attenzione, che l’uomo saggio riceva questa iniziazione.
34. Avendo compiaciuto i Brâhmana (e i preti), dando loro ogni sorta di buone cose, che l’uomo saggio riceva questo Yoga augurale nella mia casa (cioè il tempio di Shiva) con purezza di cuore.
35. Avendo rinunciato coi metodi che abbiamo descritto a tutti i suoi corpi precedenti (il risultato dei suoi Karma passati) ed essendo nel suo corpo spirituale (o luminoso), che lo Yogi riceva questo Yoga supremo.
36. Sedendo nella posizione Padmâsana, rinunciando alla società degli uomini, che lo Yogi prema le due Vijñana-nâdi (i vasi della coscienza, forse le arterie coronarie) con due dita.
37. Ottenendo il successo in ciò, egli diventa tutto felicità e senza macchia; pertanto che egli si sforzi con tutto il suo potere, in modo da assicurarsi il successo.
38. Colui che pratica ciò sempre, ottiene il successo in breve tempo, e nel frattempo ottiene anche Vâyu-siddhi.
39. Lo Yogi che fa ciò anche una volta, distrugge realmente tutti i peccati; e senza dubbio in lui il Vâyu penetra nel canale centrale.
40. Lo Yogi che pratica ciò con perseveranza è adorato persino dagli Dei; egli riceve i poteri psichici di Animâ, Laghimâ, ecc., e può andare ovunque, attraverso i tre mondi, a suo piacimento.
41. A seconda della forza con cui uno domina il Vâyu, egli domina il suo corpo; il saggio, restando nello spirito, gode il mondo nel suo corpo presente.
42. Questo Yoga è un grande segreto, da non concedere a chiunque; esso può essere rivelato soltanto a colui nel quale sono riconosciute tutte le qualità di uno Yogi.
Vari tipi di Dhâranâ.
43. Che lo Yogi si sieda in Padmâsana e fissi la sua attenzione sulla cavità della gola, che ponga la sua lingua alla base del palato; mediante ciò egli estinguerà la fame e la sete.
44. Sotto la cavità della gola c’è una bellissima Nâdi chiamata Kurma; quando lo Yogi fissa la sua attenzione su essa, egli acquista grande concentrazione sul principio pensante (Chitta).
45. Quando lo Yogi pensa costantemente di avere ottenuto un terzo occhio, l’occhio di Shiva, nel mezzo della sua fronte, allora percepisce un fuoco brillante come la folgore. Meditando su questa luce, tutti i peccati sono distrutti e persino le persone più malvagie raggiungono il fine supremo.
46. Se lo Yogi con esperienza pensa a questa luce giorno e notte, egli vede i Siddha (adepti), e può certamente conversare con loro.
47. Colui che medita sul Sunya (lo spazio vuoto), mentre cammina o sta in piedi, sognando o risvegliandosi, diventa comunque eterico, ed è assorbito nel Chidâkâsh (etere di coscienza).
48. Lo Yogi desideroso di successo, dovrebbe sempre ottenere questa conoscenza; mediante l’esercizio abituale egli diviene uguale a me; attraverso la forza di questa conoscenza, egli diventa amato da tutti.
49. Avendo conquistato tutti gli elementi, ed essendo libero da tutte le speranze e i legami del mondo, quando lo Yogi seduto in Padmâsana fissa il suo sguardo sulla punta del naso, la sua mente diventa morta e egli ottiene il potere spirituale chiamato Khechari.
50. Il grande Yogi vede la luce, pura come la montagna sacra (Kailâs) e attraverso la forza del suo esercizio egli diventa il signore e il guardiano della luce.
51. Stirandosi sul pavimento, che egli mediti su questa luce; così facendo tutte le sue stanchezze e fatiche sono distrutte. Meditando sulla parte posteriore della sua testa egli diventa il dominatore della morte.
52. Dei quattro tipi di cibo che un uomo prende (cioè quello che è masticato, quello che è succhiato, quello che è leccato , e quello che è bevuto), il chilo fluido è diviso in tre parti: La parte migliore (o l’estratto più fine del cibo) va a nutrire il Linga-sharira o corpo sottile (la sede della forza). La seconda, o parte media, va a nutrire questo corpo grossolano che è composto da sette Dhâtu (umori).
53. La terza, o la parte più inferiore, va fuori dal corpo sotto forma di escrementi e di urine. Le prime due essenze del cibo si trovano nelle Nâdi, ed essendo trasportate da esse, nutrono il corpo dalla testa ai piedi.
54. Quando il Vâyu si muove attraverso le Nâdi, allora, grazie a questo Vâyu, i fluidi del corpo ottengono una straordinaria forza ed energia.
55. Le più importanti di queste Nâdi sono quattordici, distribuite in differenti parti del corpo e che svolgono varie funzioni. Esse sono o deboli o forti, e il Prâna fluisce attraverso di loro.
I sei Chakra: Mulâdhâr-Chakra.
56. Due dita sopra il retto e due dita sotto l’organo genitale, quattro dita in larghezza, c’è uno spazio simile ad una radice bulbosa.
57. All’interno di questo spazio c’è la Yoni che ha la sua faccia rivolta all’indietro; questo spazio è chiamato la radice; là dimora la dea Kundalini. Essa circonda tutte le Nâdi ed è avvolta con tre spire e mezzo; tiene la sua coda nella sua stessa bocca; riposa nella apertura detta Sushumnâ.
58. Essa dorme come un serpente ed è luminosa di luce propria. Come un serpente vive fra le articolazioni; è la Dea del linguaggio ed è chiamata il seme (Vija).
59. Piena di energia e come oro ardente sappi che questa Kundalini è il potere (Shakti) di Vishnu; è la madre dei tre Guna (qualità): Sattwa, Rajas e Tamas.
60. Là, bello come il fiore Bondhuk, è sistemato il seme dell’amore; è brillante come oro lustrato, ed è descritto nello Yoga come eterno.
61. Anche Sushumnâ lo avvolge e il bel seme è lì; lì riposa brillando, splendente come la luna d’autunno, con la luminosità di milioni di soli e la freschezza di milioni di lune. La dea Tripûra Bhairavi ha preso questi tre insieme (il fuoco, il sole e la luna) ed è chiamata il Vija. E’ chiamata la grande energia.
62. Esso (Vija) è dotato col potere dell’azione (movimento) e della sensazione, e circola attraverso il corpo. E’ sottile, e ha una fiamma di fuoco; qualche volta sorge su e altre volte cade giù nell’acqua. Questa è la grande energia che riposa nel perineo, ed è chiamata Swayambhu-linga (auto generata).
63. Tutto questo è chiamato Adhâr-padma (loto di supporto), e i suoi quattro petali sono contrassegnati da quattro sillabe.
64. Vicino a questo Swayambhu-linga c’è una regione dorata chiamata Kula (famiglia); l’adepto che la presiede è chiamato Dviranda, e la dea che la presiede è chiamata Dâkini. Nel centro di quel loto c’è la Yoni in cui risiede la Kundalini; la energia brillante che circola sopra di essa è chiamata Kâma-vija (seme dell’amore). L’uomo saggio che medita sempre su questo Mulâdhara ottiene Dârduri-siddhi (il potere di saltare come un ranocchio); e gradualmente può persino sollevarsi sul terreno.
65. La brillantezza del corpo è aumentata, il fuoco gastrico diventa possente, e seguono di conseguenza la libertà da ogni disturbo, la bravura e l’onniscenza.
66. Egli sa cosa è stato, cosa sta succedendo e cosa sarà, insieme alle loro cause; egli padroneggia nella sapienza ciò che non è mai stato udito così come i suoi misteri.
67. Sulla sua lingua sempre danza la dea dell’apprendimento, egli ottiene Mantra-siddhi (il successo nei Mantra), semplicemente attraverso una costante ripetizione.
68. Questo è il dictum del Guru: “Essa distrugge la vecchiaia, la morte, e innumerevoli disturbi”. Il praticante del Prânâyâma dovrebbe sempre meditare su essa; attraverso la sue semplice contemplazione il grande Yogi è libero da tutti i peccati.
69. Quando lo Yogi medita su questo loto Mulâdhara, lo Swayambhu-linga, allora proprio in quel momento tutti i suoi peccati sono distrutti.
70. Qualsiasi cosa desideri la mente, egli la ottiene; attraverso l’esercizio abituale egli vede colui che gli dala salvezza, che è il migliore sia dentro che fuori, e che deve essere adorato con grande attenzione: Meglio di Lui, io non conosco nessuno.
71. Colui che, lasciando il Dio Shiva che è dentro, adora le forme esterne, è come colui che getta via la carne dolce che ha in mano e vaga in cerca di cibo.
72. Che mediti così quotidianamente senza negligenza, sul proprio Swayambhu-linga; e che non abbia dubbi sul fatto che da ciò gli verranno tutti i poteri.
73. Attraverso l’esercizio abituale egli ottiene il successo in sei mesi; e indubbiamente il suo Vâyu entra nel canale mediano.
74. Egli domina la mente e può trattenere il respiro e il suo seme; allora egli ottiene il successo in questo così come nell’altro mondo, senza dubbio.
Swâdhisthân-Chakra.
75. Il secondo Chakra è situato alla base dell’organo genitale. Ha sei petali designati da lettere (sanscrite). Il suo gambo è chiamato Swâdhisthân, il colore del loto è rosso sangue, l’adepto che lo presiede è chiamato Bâlâ, e la sua Dea Râkini.
76. Colui che quotidianamente medita su questo loto Swâdhisthân, diventa un oggetto di amore e di adorazione per tutte le bellissime Dee.
77. Egli recita senza timore i vari Shastra e le scienze che per lui erano sconosciute prima; diventa libero da ogni disturbo, e si muove attraverso l’universo senza paura.
78. La morte è divorata da lui, ma egli non è divorato da nessuno; egli ottiene i più alti poteri psichici, come Animâ, Laghimâ, ecc. Il Vâyu si muove equilibratamente nel suo corpo; anche gli umori del suo corpo sono accresciuti; è aumentata anche l’ambrosia che sgorga in lui dal loto eterico.
Manipur-Chakra (plesso solare).
79. Il terzo Chakra, chiamato Manipur, è situato vicino all’ombelico; è di un colore dorato e ha dieci petali (designati da altrettante lettere sanscrite).
80. L’adepto che lo presiede è chiamato Rudra, il dispensatore di tutte le cose augurali, e la dea che presiede questo luogo è chiamata la sacra Lâkini.
81. Quando lo Yogi medita sul loto Manipur, egli ottiene il potere chiamato Pâtal-siddhi, il dispensatore della felicità costante. Egli diventa il padrone dei desideri, distrugge il dolore e i disturbi, inganna la morte, e può entrare nel corpo di un altro.
82. Egli può fabbricare l’oro, ecc., vedere gli adepti (con la chiaroveggenza), scoprire le medicine per i disturbi, e vedere i tesori nascosti.
Anâhat-Chakra.
83. Nel cuore c’è il quarto Chakra, Anâhat. Ha dodici petali designati da altrettante lettere. Il suo colore è un profondo rosso sangue; ha il seme del Vâyu, ed è un punto molto piacevole.
84. In questo loto c’è una fiamma chiamata Vânlinga; meditando su essa, uno ottiene gli oggetti dell’universo visibile e di quello invisibile.
85. L’adepto che lo presiede è Pinâki, e Kâkini la sua Dea. Colui che medita sempre su questo loto del cuore è avidamente desiderato dalle fanciulle celesti.
86. Egli consegue una smisurata conoscenza, conosce il passato, il presente e il futuro; ha chiaroudienza, chiaroveggenza e può camminare nell’aria, in qualunque momento gli piace.
87. Egli vede gli adepti le Dee conosciute come Yogini; ottiene il potere conosciuto come Khechari, e domina tutto ciò che si muove nell’aria.
88. Colui che medita quotidianamente sul nascosto Bâna-linga, indubbiamente ottiene i poteri psichici chiamati Khechari (spostarsi nell’aria) e Bhuchari (andare ovunque si vuole nel mondo).
89. Io non posso descrivere pienamente l’importanza della meditazione su questo loto; persino gli dei Brahmâ, ecc., tengono segreto il metodo di meditazione su esso.
Vishudda-Chakra.
90. Questo Chakra situato nella gola è il quinto, ed è chiamato loto Vishudda. Il suo colore è come oro brillante, ed è ornato da sedici petali ed è la sede dei suoni vocalici. L’adepto che lo presiede è chiamato Chhagalânda e la sua dea è chiamata Shâkini.
91. Colui che medita sempre su esso è veramente il signore degli Yogi, e merita di essere chiamato saggio; attraverso la meditazione su questo loto Vishudda lo Yogi comprende subito i quattro Veda coi loro misteri.
92. Quando lo Yogi, fissando la sua mente su questo punto segreto, si sente arrabbiato, allora senza dubbio tutti e tre i mondi cominciano a tremare.
93. Addirittura, qualora la mente dello Yogi dovesse essere assorbita per caso in questo luogo, allora egli diventerebbe inconsapevole del mondo esterno e godrebbe sicuramente il mondo interno.
94. Il suo corpo non diventa mai debole, ed egli trattiene tutte le sue piene forze per mille anni, egli diventa più duro del diamante.
95. Quando lo Yogi abbandona questa contemplazione, allora per lui migliaia di anni in questo mondo appaiono come semplici istanti.
Âjña-chakra.
96. Il Chakra con due petali, chiamato Âjña, è situato fra le sopracciglia e ha due petali designati da due lettere; l’adepto che lo presiede è chiamato Shuklâ Mahâkâla (il grande tempo bianco); la dea che lo presiede è chiamata Hâkiñ.
97. All’interno di quel petalo c’è il seme eterno (la sillaba tham), brillante come la luna d’autunno. Il saggio anacoreta, sapendo ciò non è mai influenzato.
98. Questa è la grande luce tenuta segreta in tutti i Tantra; meditando su essa, si ottengono i successi più alti, non c’è dubbio su questo.
99. Io sono il dispensatore di salvezza, io sono il terzo Linga nel Turiya (lo stato di estasi, anche il nome del loto dai mille petali). Meditando su esso, lo Yogi diventa certamente come me.
100. I due vasi chiamati Idâ e Pingalâ sono i veri Varana e Asi. Lo spazio fra essi è chiamato Vârânasi (Benares, la città sacra a Shiva). Si dice che là dimori Vishwanâtha (il Signore dell’universo).
101. La grandezza di questo luogo santo è stata dichiarata in molteplici scritture dai saggi che percepiscono la verità. Il suo grande segreto è stato eloquentemente spiegato da loro.
102. Sushumnâ scorre lungo la colonna vertebrale fino a dove è situato il Brahmarandhra (foro di Brahma). Qui per un certo tratto va sul lato destro del loto Âjña, da cui procede alla narice sinistra, ed è chiamato Gange.
103. Il loto che è situato nel Brahmarandhra è chiamato Sahasrâra (dai mille petali). Nel suo centro dimora la luna. Da quel luogo triangolare, un elisir è continuamente essudato. Questo fluido lunare di immortalità incessantemente scorre attraverso Idâ. L’elisir fluisce in una corrente, una corrente continua. Andando alla narice sinistra, riceve dallo Yogi il nome di Gange.
104. Dalla porzione destra del loto Âjña e andando verso la narice sinistra fluisce Idâ. Qui esso è chiamato Varana (Il Gange che sorge verso nord).
105. Che lo Yogi mediti sullo spazio fra le due Nâdi come Vârânasi. Anche Pingalâ viene nello stesso modo dalla parte sinistra del loto Âjña, e va verso la narice destra, ed è stata chiamata da noi Asi.
106. Il loto che è situato nel Mulâdhâr ha quattro petali. Nello spazio fra di essi dimora il sole.
107. Da quella sfera del sole, un veleno essuda continuamente. Quella essenza pericolosa che riscalda eccessivamente fluisce pienamente attraverso Pingalâ.
108. Il veleno (fluido solare della mortalità) che là fluisce continuamente sotto forma di corrente va alla narice sinistra, così come il fluido lunare della immortalità va verso la sinistra.
109. Sorgendo dalla parte sinistra del loto Âjña e andando alla narice destra questa Pingalâ che scorre verso nord è stata anticamente chiamata Asi.
110. Il loto a due petali Âjña è stato così descritto dove dimora il dio Maheshwara. Gli Yogi parlano di tre stadi più sacri sopra di questo. Essi sono chiamati Vindu, Nâda e Shakti e sono situati nel loto della fronte.
111. Colui che medita continuamente sul loto nascosto Âjña, distrugge subito tutto il Karma della sua vita passata, senza nessun ostacolo.
112. Restando in questo luogo, quando lo Yogi medita costantemente, allora per lui tutte le forme, le adorazioni e le preghiere appaiono inutili.
113. Gli Yaksha, Râkshasa, Gandharva, Apsarâ e Kinnara, tutti si inchinano ai suoi piedi. Essi diventano obbedienti al suo comando.
114. Rigirando la lingua e ponendola nella lunga cavità del palato, che lo Yogi entri in meditazione, la quale distrugge tutti i timori. E se la sua mente rimane qui stabilizzata anche solo per un secondo, tutti i suoi peccati sono subito distrutti.
115. Tutti i frutti che sono stati descritti come risultato della meditazione sugli altri cinque loti, sono ottenuti attraverso la semplice conoscenza di quest’ultimo loto Âjña.
116. Il saggio, che continuamente pratica la meditazione su questo loto Âjña, diventa libero dalle possenti catene del desiderio, e gode la felicità.
117. Quando al momento della morte lo Yogi medita su questo loto, lasciando la sua vita, quel santo è assorbito nel Paramâtmâ.
118. Colui che medita su questo, in piedi o camminando, addormentato o sveglio, non è toccato dal peccato, anche se per lui fosse possibile compiere azioni peccaminose.
119. Lo Yogi diventa libero dalle catene delle sue stesse azioni. L’importanza della meditazione sul loto a due petali non può essere descritta pienamente. Persino gli dei come Brahmâ, ecc., hanno imparato solo una parte di questa grandezza da me.
Il loto dai mille petali.
120. Su di esso, alla base del palato, c’è il loto dai mille petali, in quel punto dove c’è il foro di Sushumnâ.
121. Dalla base o radice del palato, Sushumnâ si estende verso il basso, finché raggiunge il perineo e il Muladhâr: tutti i vasi la circondano, o sono sorretti da essa. Queste Nâdi sono i semi del mistero, o le sorgenti di tutti i principi che costituiscono un uomo, e mostrano la via verso Brahma (cioè danno la salvezza).
122. Il loto che è alla radice del palato è chiamato Sahasrâr (dai mille petali); nel suo centro c’è una Yoni (sede o centro di forza) che ha la sua faccia rivolta in basso.
123. In essa c’è la radice di Sushumnâ, insieme al suo foro; questo è chiamato Brahmarandhra (foro di Brahma), che si estende verso il loto Mulâdhâr.
124. Nel foro di Sushumnâ dimora Kundalini come sua forza interna. Nella Sushumnâ c’è anche una corrente costante di forze chiamata Chitrâ, secondo la mia opinione le sue azioni o modificazioni dovrebbero essere chiamate Brahmarandhra, ecc…
125. Semplicemente ricordando ciò si ottiene la conoscenza di Brahman, tutti i peccati sono distrutti, e non si rinasce più come uomini.
126. Che (lo Yogi) si ponga il pollice in movimento dentro la bocca: in questo modo l’aria, che fluisce attraverso il corpo, è fermata.
127. A causa di ciò (Vâyu) l’uomo vaga nel cerchio dell’universo; gli Yogi, pertanto, non desiderano mantenere questa circolazione; tutte le Nâdi sono legate da otto nodi; soltanto la Kundalini può penetrare questi nodi e passare oltre il Brahmarandhra e mostrare la via della salvezza.
128. Quando l’aria è pienamente confinata in tutte le Nâdi, allora la Kundalini lascia questi nodi e si guadagna la strada attraverso il Brahmarandhra.
129. Allora l’aria vitale fluisce continuamente nella Sushumnâ. Sia a destra che a sinistra del Mulâdhâr, sono situate Idâ e Pingalâ. Sushumnâ passa in mezzo a loro.
130. Il cavo di Sushumnâ nella sfera di Mulâdhâr è chiamato Brahmarandhra. Il saggio che conosce ciò è emancipato dalla catena del Karma.
131. Tutti questi tre vasi si incontrano sicuramente alla bocca del Brahmarandhra; bagnandosi in questo luogo si ottiene sicuramente la salvezza.
La Sacra Triveni (Prayag).
132. Tra il Gange e Jamuna scorre questa Saraswati: bagnandosi nella loro congiunzione, il fortunato ottiene la salvezza.
133. Abbiamo detto prima che Idâ è il Gange e Pingalâ è la figlia del sole (Jamuna), nel mezzo Sushumnâ è Saraswati; il luogo dove tutte e tre si congiungono è il più inaccessibile.
134. Colui che rappresenta mentalmente il bagno alla congiunzione del bianco (Idâ) e del nero (Pingalâ) diventa libero da tutti i peccati, e raggiunge il Brahma eterno.
135. Colui che rappresenta il rito funerario dei suoi antenati alla giunzione di questi tre fiumi (Triveni) procura la salvezza a loro e a se stesso e raggiunge il fine supremo.
136. Colui che quotidianamente compie t triplici doveri (cioè regolari, occasionali e ottimali) contemplando mentalmente in questo luogo, diventa senza dubbio santo.
137. Colui che si bagna una volta sola in questo luogo sacro gode la felicità celeste, i suoi molteplici peccati sono bruciati, e diventa uno Yogi dalla mente pura.
138. Che sia puro o impuro, in qualunque stato uno si trovi, eseguendo le abluzioni in questo luogo mistico, egli diventa senza dubbio santo.
139. Al momento della morte che egli si bagni in queste acque della Triveni (la trinità dei fiumi): colui che muore passando a questo, raggiunge comunque la salvezza.
140. Non c’è segreto più grande di questo nei tre mondi. Questo dovrebbe essere tenuto segreto con grande attenzione. Non dovrebbe essere mai rivelato.
141. Se la mente diventa stabilmente fissata anche per mezzo secondo sul Brahmarandhra, uno diventa libero da tutti i peccati e raggiunge il fine supremo.
142. Il santo Yogi la cui mente è assorbita in esso, è assorbito in me dopo aver goduto i poteri chiamati Animâ, Laghimâ, ecc…
143. L’uomo che conosce questo Brahmarandhra diventa mio diletto in questo mondo; dominando i peccati egli diventa destinato alla salvezza; diffondendo la conoscenza egli salva migliaia di persone.
144. Gli dei e quelli con quattro facce possono difficilmente ottenere questa conoscenza. Essa è il più incommensurabile tesoro degli Yogi; questo mistero del Brahmarandhra dovrebbe essere tenuto in gran segreto.
La luna del mistero.
145. Io ho detto prima che c’è un centro di forza (Yoni) nel mezzo del Sahasrâra; sotto di questo c’è la luna; che il saggio mediti su questo.
146. Meditando su questa lo Yogi diventa adorabile in questo mondo, ed è rispettato dagli dei e dagli adepti.
147. Nel seno della fronte che egli mediti sull’oceano di latte; a partire da quel luogo che egli mediti sulla luna che è nel Sahasrâra.
148. Nel seno della fronte c’è la luna che contiene il nettare (Kalâs, cioè piena). Che egli mediti su questa luna senza macchie. Attraverso una pratica costante egli la vede in tre giorni. Semplicemente vedendola, il praticante brucia tutti i suoi peccati.
149. Il futuro si rivela a lui, la sua mente diventa pura; e per quanto egli possa avere commesso i cinque grandi peccati, con un solo istante di meditazione su essa, egli li distrugge.
150. Tutti i corpi celesti (pianeti, ecc.) diventano favorevoli, tutti i pericoli sono distrutti, tutti gli incidenti sono scongiurati, il successo è ottenuto nella guerra; i poteri Khechari e Bhuchari sono acquisiti col vedere la luna che è nella testa. Attraverso la semplice contemplazione di essa tutti questi risultati sono prodotti, non c’è dubbio di ciò. Attraverso una pratica costante dello Yoga uno diventa veramente un adepto. In verità, in verità, sempre più in verità, egli certamente diventa uguale a me. Il continuo studio nella scienza dello Yoga, dà il successo agli Yogi. Qui finisce la descrizione dell’Âjñapura Chakra.
Il mistico monte Kailâs.
151. Sopra questa (cioè la sfera lunare) c’è il brillante loto dai mille petali. E’ al di fuori dal microcosmo del corpo, è il dispensatore della salvezza.
152. In verità il suo nome è monte Kailâs, dove dimora il grande signore (Shiva), che è chiamato Nakula ed è senza distruzione e senza aumento o diminuzione.
153. Gli uomini, non appena scoprono questo luogo assai segreto, diventano liberi dalle rinascite in questo mondo. Attraverso la pratica di questo Yoga essi ottengono il potere di generare o distruggere la creazione, questo aggregato di elementi.
154. Quando la mente è stabilmente fissata in questo luogo, che è la residenza del grande cigno ed è chiamata Kailâs, allora quello Yogi, esente da disturbi e avendo domato tutti gli accidenti, vive a lungo, libero dalla morte.
155. Quando la mente dello Yogi è assorbita nel Grande Dio chiamato Kulâ, allora è raggiunta la pienezza del Samâdhi, allora lo Yogi diventa costante.
156. Attraverso la meditazione costante uno dimentica il mondo, e poi in verità lo Yogi ottiene un meraviglioso potere.
157. Che lo Yogi beva in continuazione il nettare che fluisce da esso, attraverso questo egli dà una regola alla morte, e domina il Kulâ. Qui la forza Kulâ Kundalini è assorbita, dopo di che la quadruplice creazione è assorbita nel Paramâtman.
Il Râja Yoga.
158. Attraverso questa conoscenza, le modificazioni della mente sono sospese, per quanto attive esse possano essere: pertanto lo Yogi in modo instancabile e senza egoismo cerchi di ottenere questa conoscenza.
159. Quando le modificazioni del principio pensante sono sospese, allora uno certamente diventa uno Yogi; allora è conosciuta la indivisibile, santa, pura Gnosi.
160. Che egli mediti sul suo proprio riflesso nel cielo, così come sull’Uovo Cosmico: nel modo che ho descritto sopra. Attraverso ciò egli pensi incessantemente al Grande Vuoto.
161. Il Grande Vuoto, il cui inizio è vuoto, il cui mezzo è vuoto, la cui fine è vuoto, ha lo splendore di dieci milioni di soli, e la freschezza di dieci milioni di lune. Meditando continuamente su di esse si ottiene il successo.
162. Che egli pratichi quotidianamente, con energia, questo Dhyâna (meditazione), entro un anno otterrà senza dubbio il successo.
163. L’uomo la cui mente è assorbita in quel luogo anche per un secondo è certamente uno Yogi, e un buon devoto, ed è riverito in tutti i mondi.
164. In verità tutti i suoi peccati sono distrutti subito.
165. Vedendolo uno non ritorna mai al sentiero di questo mondo mortale; pertanto, che lo Yogi pratichi ciò con grande attenzione per il sentiero dello Swâdhisthân.
166. Io non posso descrivere la grandezza di questa meditazione. Colui che la pratica la conosce. Egli diventa rispettato da me.
167. Attraverso la meditazione uno conosce subito i meravigliosi effetti di questo Yoga (cioè della contemplazione del vuoto); indubbiamente egli ottiene i poteri psichici chiamati Animâ, Laghimâ…
168. Così io ho descritto il Râja Yoga, che è tenuto segreto in tutti i Tantra; adesso ti descriverò brevemente il Râjâdhirâj Yoga.
Il Râjâdhirâj Yoga.
169. Sedendo in Svastikâsana, in un bellissimo monastero, libero da tutti gli uomini e gli animali, avendo dato rispetto al suo Guru, che lo Yogi pratichi questa meditazione.
170. Sapendo dalla trattazione del Vedanta che il Jiva è indipendente e autosufficiente, che egli renda anche la sua mente autosufficiente, e che non mediti su altro.
171. Indubbiamente, attraverso questa meditazione, il più alto successo è raggiunto (Mahâ-siddhi), rendendo la mente inattiva, egli stesso diventa perfettamente Pieno.
172. Colui che pratica ciò sempre, è il vero Yogi senza passioni, egli non usa mai la parola “io”, ma scopre sempre sé stesso pieno di Âtman.
173. Cos’è il legame, cos’è l’emancipazione? Per lui tutto è una cosa solamente; indubbiamente, colui che pratica ciò sempre, è il vero emancipato.
174. Egli è lo Yogi, egli è il vero devoto, egli è adorato in tutti i mondi, colui che medita sul Jivâtmâ e sul Paramâtmâ, l’uno in relazione all’altro come l’ “io” e il “sono”, colui che rinuncia all’ “io” e al “tu” e medita sull’indivisibile; lo Yogi libero da tutti gli attaccamenti prende rifugio in quella meditazione in cui, attraverso la conoscenza del super inganno e della negazione, tutto è dissolto.
175. Lasciando quel Brahma, che è manifesto, che è la conoscenza, che è la beatitudine, e che è coscienza assoluta, l’ingannato vaga discutendo vanamente sul manifesto e sull’immanifesto.
176. Colui che medita su questo universo mobile e immobile, che è realmente immanifesto, ma abbandona il supremo Brahman – direttamente manifesto – è veramente assorbito in questo universo.
177. Lo Yogi, libero dall’attaccamento, costantemente si esercita nella pratica che conduce alla Gnosi, affinché non possa sorgere nuovamente l’ignoranza.
178. Il saggio, ritirando tutti i suoi sensi dagli oggetti, ed essendo libero da tutte le compagnie, rimane in mezzo a questi oggetti e non li percepisce, come se fosse caduto in un sonno profondo.
179. E così, praticando costantemente, l’Auto-luminoso diviene manifesto; qui finiscono tutti gli insegnamenti del Guru (essi non possono ulteriormente aiutare lo studente). Da qui in poi egli deve far da sé, essi non possono più aumentare la sua ragione o il suo potere, da qui in poi semplicemente attraverso la forza della sua pratica egli può conquistare la Gnosi.
180. Quella Gnosi dalla quale le parole e il pensiero vengono resi inutili può essere ottenuta solo con l’esercizio; perché allora questa Gnosi erompe da sé.
181. Lo Hatha Yoga non può essere ottenuto senza il Râja Yoga, né il Râja Yoga può essere ottenuto senza lo Hatha Yoga. Pertanto che lo Yogi apprenda inizialmente lo Hatha Yoga dalle istruzioni del saggio Guru.
182. Colui che, finché vive in questo corpo fisico, non pratica lo Yoga, vive semplicemente per la causa della soddisfazione dei sensi.
183. Dal momento in cui egli inizia, al momento in cui egli guadagna una padronanza perfetta, lo Yogi mangia moderatamente e senza avidità, altrimenti, per quanto bravo, non può ottenere il successo.
184. Il saggio Yogi in presenza di altri dovrebbe pronunciare parole del massimo bene, ma non dovrebbe parlare molto: egli mangia poco per mantenere la sua forma fisica; che egli rinunci alla compagnia degli uomini, in verità che egli rinunci a tutte le compagnie: altrimenti egli non potrà raggiungere la salvezza (Mukti); realmente io ti dico il vero.
185. Che egli pratichi ciò in segreto, libero dalla compagnia degli uomini, in un luogo appartato. Per il fine dell’apparenza egli dovrebbe rimanere nella società, ma non dovrebbe avere il suo cuore in essa. Egli non dovrebbe rinunciare ai doveri della sua professione, casta o rango; ma che egli pratichi ciò soltanto come strumento del Signore, senza alcun interesse negli eventi. Facendo così non c’è peccato.
186. Persino il capofamiglia (Grihasta), seguendo saggiamente questo metodo, può ottenere il successo, non c’è dubbio su ciò.
187. Restando in famiglia, sempre compiendo i doveri di capofamiglia, colui che è libero da meriti e demeriti e ha ritirato i suoi sensi, ottiene la salvezza. Il capofamiglia che pratica Yoga non è toccato dai peccati, se per proteggere i suoi simili egli commette qualche peccato, non è macchiato da esso.
Il Mantra.
188. Adesso io ti parlerò della migliore delle pratiche: la ripetizione del Mantra: da ciò egli guadagna la felicità in questo mondo così come in quelli che sono oltre questo.
189. Conoscendo questa superiorità dei Mantra, lo Yogi certamente ottiene il successo (Siddhi); questo dà tutti i poteri e piaceri allo Yogi che ha un solo obiettivo.
190. Nel loto Mulâdhara dai quattro petali c’è il Bîja (seme) della parola, brillante come il fulmine (cioè la sillaba Aim).
191. Nel cuore c’è il Bîja dell’amore, bello come il fiore Bandhuk (Klim). Nello spazio fra le sopracciglia (cioè nel loto Âjña) c’è il seme di Shakti (Strim), brillante come dieci milioni di lune. Questi tre semi dovrebbero essere tenuti segreti, essi danno il godimento e la emancipazione. Che lo Yogi ripeta questi tre Mantra e provi ad ottenere il successo.
192. Che egli apprenda questi Mantra dal suo Guru, che li ripeta né troppo velocemente né troppo lentamente, mantenendo la mente sgombra da ogni dubbio, e comprendendo la relazione mistica fra le lettere del Mantra.
193. Il saggio Yogi, fissando intenzionalmente la sua attenzione su questo Mantra, svolgendo tutti i doveri peculiari della sua casta, dovrebbe compiere centomila Hom (sacrifici del fuoco) e quindi ripetere questo Mantra trecentomila volte in presenza della dea Tripura.
194. Alla fine di questa ripetizione sacra (Japa), che il saggio Yogi compia ancora Hom, in una cavità triangolare, con lo zucchero, il latte, il burro, e il fiore di Karavi (oleandro).
195. Attraverso questa pratica del hma-Japa-Homa, la dea Tripura Bhairavi, che è stata propiziata dal suddetto Mantra, diventa compiaciuta e soddisfa tutti i desideri dello Yogi.
196. Avendo soddisfatto il Guru e avendo ricevuto questo eccelso Mantra, nel modo giusto, e praticando la sua ripetizione nel modo che abbiamo descritto, con la mente concentrata, persino colui che è maggiormente carico del Karma del passato consegue il successo.
197. Lo Yogi che, avendo controllato i suoi sensi, ripete questo Mantra centomila volte, guadagna il potere di attrarre gli altri.
198. Ripetendolo duecentomila volte egli può controllare tutti, essi vanno da lui liberamente, come le donne vanno a un pellegrinaggio. Essi gli danno tutto ciò che possiedono, e rimangono sempre sotto il suo controllo.
199. Ripetendo questo Mantra trecentomila volte, tutte le divinità che presiedono sulle sfere, ed anche le stesse sfere, sono portate sotto il suo dominio.
200. Ripetendolo seicentomila volte, egli diventa il veicolo del potere – sì, il protettore del mondo – circondato da servo.
201. Ripetendolo un milione e cinquecentomila volte i Signori di Vakshas, Râkshas e i Nâgas vanno sotto il suo controllo; tutti obbediscono costantemente al suo comando.
202. Ripetendolo un milione e cinquecentomila volte i Siddha, i Vâdhyâdharâs, i Ghandharvas, gli Apsarâs vanno sotto il controllo dello Yogi; non c’è dubbio su ciò. Egli ottiene subito la conoscenza di tutto lo scibile.
203. Ripetendolo un milione e ottocentomila volte egli, in questo corpo, può sollevarsi dal terreno; egli ottiene realmente un corpo luminoso; va dappertutto nell’universo, dovunque voglia; egli vede i pori della terra, cioè vede gli interstizi e le molecole di questa solida terra.
204. Ripetendolo due milioni e ottocentomila volte egli diventa il Signore dei Viddyâdharâs, il saggio Yogi diventa Kâma-rûpi (cioè può assumere la forma che vuole). Ripetendolo tre milioni di volte egli diventa uguale a Brahma e a Vishnu. Egli diventa un Rudra, attraverso sei milioni di ripetizioni. Attraverso otto milioni di ripetizioni egli può godere di tutto. Ripetendolo una decina di milioni di volte il grande Yogi è assorbito nel Param Brahman. Un tale praticante può difficilmente essere trovato attraverso i tre mondi.
205. Oh Dea! Shiva, il distruttore di Tripura, è l’unica prima e più alta causa. Il saggio raggiunge Lui che è immutabile, senza decadenza, immerso nella pace, incommensurabile e libero da tutti i mali, l’Obiettivo Supremo.
206. Oh grande Dea! Questa scienza di Shiva è una grande scienza, è sempre stata tenuta segreta. Pertanto anche il saggio deve tenere segreta questa scienza che o ho rivelato.
207. Lo Yogi, desideroso di successo, dovrebbe mantenere lo Yoga come un grande segreto. E’ fruttifero se tenuto segreto, se rivelato perde i suoi poteri.
208. Il saggio che lo legge quotidianamente, dall’inizio alla fine, indubbiamente, ottiene gradualmente il successo nello Yoga. Egli ottiene l’emancipazione che lo onora quotidianamente.
209. Che questa scienza sia trasmessa a tutti i santi uomini che desiderano l’emancipazione. Attraverso la pratica il successo è raggiunto, senza di esso come può essere conseguito?
210. Pertanto gli Yogi dovrebbero praticare lo Yoga in osservanza alle regole. Colui che si contenta di ciò che ottiene, che ritira i suoi sensi, essendo un capofamiglia, che non è assorbito nei doveri domestici, certamente ottiene l’emancipazione attraverso la pratica dello Yoga.
211. Persino i nobili capi famiglia ottengono il successo attraverso il Japa, se essi compiono i doveri dello Yoga nel modo giusto. Pertanto anche il capofamiglia si sforzi nello Yoga (la sua ricchezza e le condizioni di vita non sono ostacoli in questo).
212. Vivendo nella casa fra la moglie e i figli, ma essendo libero dall’attaccamento a loro, praticando lo Yoga in segreto, persino un capo famiglia trova punti di accesso (coronando lentamente i suoi sforzi) e così, seguendo questo mio insegnamento, egli vive sempre in una felicità piena di beatitudine.

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