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Katha Upanishad

La Katha Upanishad è probabilmente la più conosciuta di tutte le Upanishad. Inizialmente tradotta in persiano, attraverso questa versione ha fatto il suo ingresso in Europa. Più tardi Raja Ram Mohun Roy ha fatto uscire una versione inglese. Da allora è stata pubblicata in varie lingue e gli scrittori inglesi, tedeschi e francesi sono tutti d’accordo nel dichiararlo una delle espressioni più perfette della religione e della filosofia dei Veda.

Non c’è consenso di opinione riguardo al posto di questa Upanishad nella letteratura vedica. Alcuni dichiarano appartenga allo Yajur-Veda, altri al Sama-Veda, mentre un gran numero la include in una parte dell’Atharva-Veda. La storia è stata inizialmente suggerita nel Rig-Veda, ripresa più decisamente nello Yajur-Veda, e nella Katha Upanishad appare pienamente elaborata e intrecciata con il più alto insegnamento vedico.

Tuttavia, non c’è nulla che indichi un posto speciale per questa versione finale, né è stato trovato alcun significato per il nome Katha.
Il testo presenta un dialogo tra un aspirante discepolo, Nachiketas, e il Sovrano della Morte ra proposito dell’aldilà.

Om
saha navavatu
saha nau bhunaktu
saha viryam karavavahai
tejasvi navadhitamastu
ma vidvishavahai
Om Shantih Shantih Shantihi

(Shanti Mantra)

PRIMO ADHYAYA

PRIMO CANTO (Naciketas nella casa della Morte )

1. Desideroso del cielo, il discendente di Vajasravasa offrì un sacrificio comprendente tutte le sue proprietà. Egli aveva un figlio di nome Naciketas.

2. Mentre le vacche che costituivano i doni sacrificali venivano portate via, costui, benché fosse ancora un fanciullo, fu preso dalla convinzione che soltanto un sacrificio veramente totale avrebbe avuto efficacia, e pensò :

3. «Hanno bevuto l’acqua, hanno mangiato l’erba, sono state munte, oramai sono sterili… Colui che le offre andrà in quei mondi che sono detti privi di gioia ».

4. Disse allora al brahmano suo padre : « E me, babbo, a chi mi vuoi donare? ». E così per due, tre volte. Gli rispose allora il padre: «Al dio della morte io ti dono! »

5. Avviandosi al regno dei morti, Naciketas per confortarsi disse: « Primo di molti che mi seguiranno io vado; in mezzo a molti che mi hanno preceduto e mi seguiranno io vado. Qual è mai il disegno che Yama oggi intenderà mandare a termine per mezzo mio?

6. Guarda indietro e guarda in avanti: come già gli antenati morirono, così del pari altri moriranno. Come il grano l’uomo matura, come il grano egli di nuovo rinasce ».

7. Una voce avverte Yama assente della presenza di Naciketas e lo esorta a onorarlo come si conviene a un brahmano: « Un brahmano che entri in casa come ospite è simile al fuoco. Questo è il modo di placarlo : porta dell’ acqua, o Yama!

8. Speranze e attese, amicizie gradite e sincere, sacrifici e opere pie, figli e bestiame, tutto toglie un brahmano a un uomo scriteriato, nella cui casa rimanga senza cibo ».

9. Tornato alla sua dimora, Yama disse a Naciketas : « Poiché per tre notti sei rimasto nella mia casa senza cibo, tu che, come brahmano, sei un ospite degno d’onore — onore a te, o brahmano, e che la buona fortuna m’assista — scegli allora in compenso tre grazie ».

10. Naciketas disse: « Che il padre mio, discendente di Gotama, tranquillizzato, sia ben disposto e privo d’ira verso di me, o Yama! Che lieto mi saluti quando io sia lasciato libero da te! Questa scelgo come prima fra le tre grazie ».

11 . E Yama: « Lieto sarà il padre tuo come un tempo: il figlio di Uddàlaka, Aruni (ossia Naciketas), è stato da me lasciato libero. Felicemente dormirà le notti, senza più ira, dopo averti veduto scampato dalle fauci della morte ».

12. Naciketas allora disse: «Nel mondo celeste non esiste paura: tu non ci sei, né si teme per la vecchiezza. Nel mondo celeste si gioisce perché è superata sia la fame che la sete ed è vinta l’angoscia.

13. O Morte, tu che comprendi il fuoco celeste, rivelalo a me che sono pieno di fede! Gli abitatori del cielo godono dell’immortalità. Questa io scelgo come seconda grazia ».

14. « Io, che conosco il fuoco che conduce al cielo, voglio rivelartelo: sta attento, o Naciketas! Sappi che esso significa il raggiungimento dei mondi infiniti, che è il loro sostegno e che è celato nel mistero ».

15. Gli parlò del fuoco che è origine del mondo, e di quali e quante pietre sia fatto e come. Naciketas ripeté ogni cosa come gli era stata detta. Allora Yama, soddisfatto, parlò ancora.

16. Il Magnanimo, benevolo, gli disse : « Ancora un dono io ti concedo oggi. Questo fuoco porterà il tuo nome: accetta questo dono simile a una collana variopinta.

17. Colui che conosce il triplice fuoco Nàcik eta , si unisce con i tre fuochi e compie il triplice sacrificio, costui oltrepassa nascita e morte. Chi è riuscito a ravvisare l’intima essenza del fuoco, che conosce tutto l’esistente come Brahman a cui va la lode, raggiunge la pace per sempre.
18. Colui che, conosciuto il triplice fuoco Nàcike ta, conosciuta questa triade di fuochi, costruisce, così ammaestrato, l’altare per il fuoco Nàc iketa, costui, liberandosi in anticipo dai lacci della morte, libero da angosce, gode nel mondo celeste.

19. Eccoti il fuoco celeste, o Naciketas, che tu scegliesti come seconda grazia. Tuo diranno questo fuoco le genti. Scegli la terza grazia, o Naciketas ».

20. «Chiariscimi quel dubbio che nasce quando un uomo muore, alcuni infatti dicono: esiste ancora; altri dicono: non esiste più. Proprio questo, da te ammaestrato, io vorrei comprendere. Questa è la terza fra le tre grazie ».

21. « Pur gli dei soggiacquero a questo dubbio un tempo: non è infatti cosa agevole da comprendere, la questione è sottile. Scegli un altro dono, o Naciketas! Non tormentarmi, liberami da questa domanda ! ».

22. « Anche gli dei dunque soggiacquero a questo dubbio e tu hai detto, o Morte, che non è cosa facile a comprendersi! Ma non è possibile trovare un altro che la possa spiegare meglio di te : non può darsi altra grazia simile a questa ».

23. « Scegli figli e nipoti destinati a vivere cent’anni, scegli grandi armenti, elefanti, oro, cavalli, scegli una grande estensione di terreno, vivi tu stesso tanti anni quanti ne desideri.

24. Scegli, se lo ritieni un dono equivalente, ricchezze e lunga vita. Sii grande sulla terra, o Naciketas! Io ti faccio partecipe di tutti i desideri.

25. Tutti i desideri che sono difficili a soddisfarsi nel mondo dei mortali, tutti richiedili a tuo piacimento! Ecco fanciulle meravigliose, con carrozze e musiche, di eguali i mortali non possono averne. Io te le dono, fatti da loro servire, o Naciketas, ma non chiedere della morte! ».

26. « Destinate a vivere soltanto fino a domani, o morte queste fanciulle logorano il vigore di tutti i sensi di chi è mortale. Anche una vita intera è poca cosa : tuoi siano i cocchi, tuoi le danze e i canti.

27. Un uomo non può esser soddisfatto della ricchezza. Avremo forse la ricchezza, una volta che ti abbiamo veduto? Alla fine arriverai tu. No, questa soltanto è la grazia che scelgo.

28. Chi mai, se è saggio, trovandosi in una condizione bassa e triste, destinato a invecchiare e a morire, mentre sa che esistono coloro che né invecchiano né muoiono e li ha contemplati, pensando ai fugaci piaceri della bellezza e dell’amore, si compiacerebbe d’una vita lunghissima?

29. A noi rivela, o Morte, ciò su cui nasce il dubbio, ciò che succede nel grande passaggio. Questa grazia che penetra nel mistero, nessun’altra che questa sceglie Naciketas”.

SECONDO CANTO (L’insegname nto della Morte)

1. Yama disse: Una cosa è il bene, un’altra cosa è il piacere; entrambi con scopi differenti legano l’uomo. Chi fra essi sceglie il bene, ha fortuna; chi preferisce il piacere perde il suo scopo.

2. Il bene e il piacere si presentano davanti all’uomo. Il saggio, avendoli esaminati attentamente, fa la sua scelta. Il saggio antepone il bene rispetto al piacere. Lo sciocco sceglie il piacere piuttosto che l’ acquisto e il godimento della vera felicità.

3. Tu, o Naciketas, meditando, hai lasciato i piaceri, gradevoli e fascinosi; tu non hai accettato quella catena costituita dai beni terreni, alla quale tanti uomini soggiacciono.

4. Contrastanti e ben lontane tra di loro sono l’ignoranza e la conoscenza. Io penso che Naciketas ,sia desideroso di sapere. I molti piaceri che ti furono promessi non ti confondono.

5. Immersi nell’ ignoranza, pur quelli che sono intelligenti, ritenendosi dotti, vagano qua e là nel loro stordimento, come ciechi guidati da un cieco.

6. Il passaggio all’al di là non appare chiaro allo sciocco, stordito, turbato per la passione della ricchezza. Egli pensa: “Soltanto questo mondo esiste, altri non ve n’è”, e così cade sempre di nuovo in mio potere.

7. Molti non riescono neppure a udir parlare del passaggio all’ al di là; molti, pur udendone parlare, non sanno intenderlo; una rarità è un maestro capace che sappia spiegarlo e lo possieda, ed è meraviglioso chi, istruito da un esperto, giunga a conoscerlo.

8. Insegnata ad una persona mediocre, questa dottrina è difficile a comprendersi anche se viene ripetutamente meditata. D’altra parte, se non viene spiegata da altri, non è possibile accedervi: infatti è più sottile del più sottile mezzo di conoscenza, perché è al di là del ragionamento.

9. Questa dottrina che tu hai ottenuto, o carissimo, non può essere ottenuta con il ragionamento, ma insegnata da altri essa diventa facilmente comprensibile. Tu sei davvero saldo nella ricerca della verità: possiamo noi avere altri simili a te che ci rivolgano questo tipo di domande, o Naciketas!

10. Io so che i tesori terreni non sono cosa eterna: né infatti con ciò che è transitorio si può ottenere cosa duratura. Io ho approntato il fuoco Nàciketa con ciò che è destinato a perire e quindi neanche il mio regno è eterno.

11. O Naciketas, avendo saggiamente considerato, hai con fermezza compreso che la soddisfazione dei desideri non è la base del mondo, che un’infinità di opere non permette di raggiungere la riva della tranquillità, che la potenza sconfinata dell’inno sacrificale non è il sostegno universale.

12. Concentrandosi in se stesso, il saggio giunge a ravvisare il dio misterioso, difficile da percepire, che è posto nell’intimo del cuore. Egli abbandona così gioie e dolori.

13. Solo il mortale che ha ascoltato questo, e l’ha compreso bene, che si è staccato da ciò che è riferito ai fattori dell’esistenza corporea, quel mortale ha raggiunto questo sottile Atman, e gode avendo raggiunto ciò che è veramente degno di godimento »

14. Naciketas disse: « Rivela dunque ciò che tu consideri diverso dal giusto e dall’ingiusto, diverso da ciò che è fatto e da ciò che non è fatto, diverso da passato e da futuro! ».

15. E Yama: « La parola che tutti i Veda insegnano, che proclamano esser pari a tutte le austerità, per desiderio della quale si compie lo studio, questa in breve io ti rivelo: essa è Om.

16. Questa sillaba è invero il Brahman, questa sillaba è la cosa suprema, chi conosce questa sillaba, possiede tutto ciò che desidera.

17. Questo è il rifugio supremo, questo è il rifugio più alto, chi conosce questorifugio s’esalta nel mondo del Brahman.

18. Questa Essenza non nasce, né muore, non ebbe origine né ha subito evoluzioni; innata, eterna, immortale, primordiale, essa non è uccisa quando s’uccide il corpo.

19. Se chi uccide pensa di uccidere, se chi è colpito a morte pensa d’essere colpito, entrambi non hanno chiara nozione: né quello uccide, né questi viene ucciso.

20. Più piccolo del piccolo, più grande del grande, il Sé è posto nel segreto della creatura. Chi è privo di desideri, costui vede, libero da angosce, la grandezza del Sé per la grazia del creatore.

21. Seduto, Esso va lontano, giacendo va in ogni dove. Chi, al di fuori del puro di cuore, può conoscere questo essere risplendente di gioia?

22. Il saggio, riconoscendo che il grande, onnipresente Sé si trova incorporeo nei corpi, stabile nelle cose instabili, non è più toccato da angosce.

23. Non è possibile raggiungere il Sé con l’insegnamento, e neppure con l’intelletto né con molta dottrina. Lo può ottenere soltanto colui che Esso sceglie; a costui egli medesimo rivela la propria essenza

24. Chi non s’è staccato dal peccato, non è tranquillo, non è concentrato, non ha la mente serena, non riesce a raggiungerlo con piena conoscenza.

25. Chi sa dove risieda Costui, per il quale Brahmani e guerrieri non sono altro che un boccone di riso e la morte stessa ne è il condimento?».

TERZO CANTO (Il cammino della liberazione)

1. Ci sono due vie, quella della giustizia nel mondo dell’azione corretta e l’altra che penetra nel luogo segreto del cuore e nella sfera più alta. I conoscitori del Brahman, ed anche coloro che conoscono la dottrina dei cinque fuochi e hanno compiuto il triplice rito del fuoco Naciketa, ne parlano come di luce ed ombra.

2. Possiamo noi possedere il fuoco Naciketa! Esso è un ponte per coloro che vogliono arrivare alla riva sicura, al Brahman supremo e immortale seguendo la via dell’azione sacrificale.

3. Sappi che il Sé è il padrone del carro ed il corpo è il carro, sappi che l’intelletto poi è l’auriga e la mente le redini.

4. I cavalli sono i sensi, gli oggetti dei sensi sono l’arena. I saggi chiamano “colui che prova piacere” l’insieme di Sé, di sensi e di mente.

5. Colui la cui mente è instabile, ha i sensi indocili, come un auriga che abbia cavalli bizzarri.

6. Ma colui che possiede la ragione e ha la mente sempre presente, costui ha i sensi docili, come un auriga che abbia cavalli docili.

7. Colui che è privo di ragione, senza criterio, sempre impuro, costui non giunge alla sede suprema, ma ricade nel ciclo delle esistenze.

8. Ma colui che è dotato di ragione e di criterio, ed è sempre puro, giunge a quella sede donde non si ritorna più alla vita mortale.

9. L’uomo che ha come auriga la ragione e come redini la mente, costui giunge al termine del cammino, alla sede altissima di Vishnu.

10. Superiori ai sensi sono infatti gli oggetti che ne determinano le sensazioni, superiore agli oggetti è la mente, superiore alla mente è l’intelletto, superiore all’intelletto è il grande Sé.

11. Superiore al grande Sé è la realtà non manifesta, a questa è superiore lo Spirito (Purusha), superiore al Purusha non v’è nulla: esso è lo scopo, esso è il rifugio supremo.

12. Nascosto in tutte le creature, questo Spirito non si palesa, ma si fa vedere da coloro che acutamente indagano con sottile, alta intelligenza.

13. Il saggio soggioghi la parola con la mente; soggioghi poi la mente facendola rientrare nella ragione; soggioghi la ragione facendola rientrare nel grande Sé, poi nel Sé quieto.

14. Levatevi, svegliatevi! Avendo ottenuto la grazia di essere scelti, state attenti. Difficile è da percorrere come il filo tagliente d’un rasoio. I saggi dicono che questa è la difficoltà del cammino.

15. Scorgendo ciò che è senza suono, senza tatto, senza forma, imperituro, senza sapore, eterno, senza odore, senza principio né fine, che sta al di là, che è duraturo, l’uomo è liberato dalle fauci della morte.

16. Il saggio che racconta oppure ascolta l’immortale responso, dato a Naciketas dal dio della morte, è assunto nel mondo del Brahman.

17. Colui che è purificato e che narri in un’assemblea di brahmani oppure in una cerimonia funebre questo altissimo mistero, allora ottiene l’immortalità! Ottiene l’immortalità!.

SECONDO ADHYAYA

QUARTO CANTO (esso è il Tat)

1. «Il creatore esistente di per sé effettuò le aperture verso l’esterno: perciò l’essere umano vede verso l’esterno, non verso l’interno. Qualche saggio, desideroso dell’immortalità, ritraendo gli occhi dalle cose sensibili, guardò dentro di sé.

2. Gli sciocchi inseguono i piaceri esteriori e incappano nella rete della morte. Ma i saggi, avendo ravvisato la vera immortalità, non ricercano quaggiù le cose eterne in ciò che è transitorio.

3. L’io, per mezzo del quale si ha la percezione di forma, sapore, odore, suoni, contatti carnali, è quello che permette la conoscenza. Che cosa rimane al momento della morte? In verità Esso è il Tat (il Sé).

4. Conoscendo che il grande, onnipresente Sé è ciò per cui si sperimenta sia lo stato di veglia sia lo stato di sonno, il saggio non è più colto da angoscia.

5. Di fronte a colui che intimamente conosce nella sua vera realtà il fruitore del miele delle azioni, signore di ciò che fu e di ciò che sarà; l’Uno, lo Spirito più non si cela. In verità Esso è il Tat.

6. L’Uno non più si cela di fronte a colui che conosce il Sé, esistente prima delle acque cosmiche, il Sé che risiede nel cuore di tutte le creature. In verità Esso è il Tat.

7. L’Uno non più si cela di fronte a colui che conosce colei che si congiunge con lo spirito vitale, Aditi costituita di natura divina, che, penetrata nel mistero, vi risiede, che in tutte le creature si moltiplicò. In verità Essa è il Tat”.

8. Il fuoco che tutto conosce, che è riposto nel cavo dei legni, ben custodito come nel ventre da donna gravida, deve ogni giorno essere invocato dagli uomini vigilanti, esperti nel Sé . In verità Esso è il Tat.

9. Tutti gli dei sono fondati su colui dal quale il sole si leva e nel quale va a tramontare; nessuno può oltrepassarlo. In verità Esso è il Tat.

10. Ciò che è qui è anche là; ciò che è là è qui a sua volta. Ottiene morte su morte colui che in questo mondo crede di vedere della molteplicità.

11. Soltanto con l’intelletto può essere raggiunta questa convinzione: qui non c’è molteplicità. Passa di morte in morte colui che in questo mondo crede divedere della molteplicità.

12. Grosso come un pollice, lo spirito risiede nell’interno di ogni creatura.  Signore di ciò che fu e di ciò che sarà, Non si cela di fronte a colui che lo conosce. In verità Esso è il ‘Tat’.

13. Grosso come un pollice, lo spirito è simile a una fiamma senza fumo, signore di ciò che fu e di ciò che sarà. Tale è oggi, tale sarà pur domani. In verità Esso è il Tat.

14. Come l’acqua caduta in una zona impervia si disperde per le montagne, così colui che vede molteplici i fattori dell’esistenza si perde correndo dietro a essi.

15. Come l’acqua pura versata in acqua pura rimane inalterata, così, o Gautama, rimane inalterata l’anima dell’asceta che possieda la conoscenza”.

QUINTO CANTO

1. « Chi controlla il corpo dalle undici porte, che è la città dell’eterno Atman, chi ha un pensiero corretto, non è toccato dal dolore e, così liberato, è per sempre libero. In verità Esso è il Tat.

2. L’Atman è il sole che è come un cigno nel puro cielo, è dio nell’atmosfera come folgore, è sacerdote presso l’altare, è ospite nella casa, risiede nell’uomo, risiede nello spazio infinito, nell’ordine cosmico, nel firmamento. Ovunque il supremo Sé è lui, egli solo realmente è.

3. Porta l’espirazione verso l’alto, l’inspirazione verso il basso. Tutti gli dei onorano quel infinitamente piccolo che risiede nell’intimo di ciascuno.

4. Quando l’anima incarnato che risiede nel corpo si dissolve, si libera dal corpo, che cosa rimane allora? In verità Esso è il Tat.

5. Non per l’espirazione vive l’uomo, non per l’inspirazione; è per altro che esso vive, per causa di ciò in cui entrambe quelle funzioni hanno il loro fondamento.

6. Orsù, ti rivelerò il Brahman misterioso, eterno, e ciò che succede dell’anima una volta giunta alla morte.

7. Alcune anime rientrano nell’utero per rivestire nuovamente un corpo, altre passano allo stato vegetale, secondo le loro opere, secondo la loro conoscenza.

8. Lo spirito, che veglia nei dormienti dando forma ai sogni, è la luce, il Brahman, esso è invero chiamato l’immortale; su di esso si fondano tutti i mondi e nessuno può andare al di là. In verità Esso è il Tat.

9. Come il fuoco, che è uno, penetrato in una creatura s’adegua a qualsiasi forma, così l’anima, che è una, s’adegua dentro ogni creatura a qualsiasi forma e pur rimane all’esterno come entità assoluta.

10. Come il vento, che è uno, penetrato in una creatura s’adegua a qualsiasi forma, così l’anima, che è una, s’adegua dentro ogni creatura a qualsiasi forma e pur rimane all’esterno.

11. Come il sole, occhio dell’universo, non è toccato dalle malattie dell’occhio, che sono al di fuori di esso, così l’anima universale, che è una, pur stando dentro una creatura, non è tocca dall’angoscia del mondo, perché è al di fuori.

12. Unico, onnipotente, l’Atman, stando dentro le creature, fa apparire distinta la sua unica forma; per i saggi che lo riconoscono esistente nel proprio io c’è gioia immortale.

13. Eterno fra gli eterni, intelligente fra gli intelligenti, unico fra molti, Esso elargisce grazie; per i saggi che lo riconoscono esistente nel proprio io c’è eterna pace.

14. Naciketas : «I saggi pensano che la formula “esso è il Tat” sia la suprema, indescrivibile felicità. Ma come potrei io giungere a intendere il Tat? Risplende, brilla?».

15. « In Esso non brilla il sole, né la luna e le stelle, non i lampi e tanto meno il fuoco: tutto risplende quando Esso risplende, tutto questo universo risplende della sua luce».

SESTO CANTO

l. «Questo eterno “albero” con le radici in alto e i rami basso è la luce, è il Brahman, invero è detto l’immortale. Su di esso si fondano tutti i mondi e nessuno può andare al di là. In verità Esso è il Tat.

2. Tutto questo mondo, comunque sia, fu creato al muoversi del respiro vitale. La sua presenza è più possente della folgore, non c’è paura per chi la conosce, ed egli diventa immortale.

3. Per paura di lui arde il fuoco, per paura di lui brilla il sole, per paura di lui corrono Indra e il vento e la morte per quinta.

4. Se qualcuno riesce a risvegliarsi sulla terra prima della dissoluzione del corpo, allora sarà liberato, altrimenti avrà un nuovo corpo materiale.

5. Come riflesso in uno specchio appare il proprio Sé, come in un sogno, come attraverso l’acqua, come in ombra e luce, ma nel mondo del Brahman il Sé appare limpidamente distinguendo la luce dall’oscurità.

6. Avendo intuito che la natura dei sensi è diversa dalla natura dell’anima e che i sensi sorgono e spariscono distinguendosi da essa, il saggio non più soffre angoscia.

7. Superiore ai sensi è la mente, suprema rispetto alla mente è la realtà empirica, sopra la realtà empirica c’è l’anima, supremo rispetto all’anima è l’Atman.

8. Superiore a questo è lo Spirito (Purusha), che pervade ogni cosa ed è privo di qualificazione. Chi l’ha riconosciuto si libera e s’avvia all’immortalità.

9. La sua forma non si presenta allo sguardo; nessuno lo vede con l’occhio, esso può essere concepito dal cuore. Coloro che lo riconoscono diventano immortali.

10. Quando i cinque sensi di conoscenza insieme con la mente cessano l’attività e la ragione più non opera, allora si dice che si è raggiunta la meta più alta.

11. Questo fermo dominio dei sensi lo chiamano yoga. L’uomo allora non è più turbato: yoga infatti è principio di una nuova vita e fine dei turbamenti determinati dal mondo esterno.

12. Non dalla parola, né dalla la mente né dall’occhio può Egli essere raggiunto. Come, allora, può Egli essere percepito se non esclamando: “Esso è”?

13. Soltanto con le parole “Esso è” può essere percepito, quando s’abbia la conoscenza della sua vera natura. La sua vera natura risplende quando sia percepito con le parole: “Esso è” .

14. Quando tutti sono acquietati i desideri che sono nel cuore, allora il mortale diventa immortale: qui in terra si gode del Brahman.

15. Quando qui sulla terra tutti i legami del cuore sono infranti, allora il mortale diventa immortale. Questo è l’insegnamento.

16. Cento e una sono le arterie del cuore, una di esse esce verso il cranio. Risalendo per essa si raggiunge l’immortalità; le altre servono per  uscire in tutte le altre direzioni.

17. Della misura d’un pollice, lo spirito, abita sempre nel cuore d’ognuno. Occorre strapparlo dal proprio corpo con fermezza come il filo d’erba dalla sua guaina. Bisogna riconoscerlo come la luce, l’immortale. Come la luce, l’immortale bisogna riconoscerlo ».

18. Naciketas allora, avendo ascoltato questa dottrina esposta da Yama e la completa teoria del yoga, raggiunto il Brahman fu libero da passioni e da morte. Così pure sarà per altri che così conoscano l’Atman universale.

19. Insieme ci protegga, insieme ci giovi! Insieme possiamo agire con purezza! Ci illumini ciò che abbiamo ascoltato! Che non abbiamo mai a odiarci!

 

Om

Shanti Shanti Shanti

(fonte: Gianfranco Bertagni)

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